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Che senso ha la giornata contro la violenza sulle donne finché consentiamo a Feltri di dire quello che dice

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Chi ci protegge dalla cultura del sospetto, quella che insinua, quella che ammicca, dove la donna vittima è sempre e comunque complice della violenza?

Le giornate della memoria non mi sono mai particolarmente piaciute. Mi piace il Natale, il Capodanno, il giorno del mio compleanno. Non mi piace l’idea della giornata della memoria per le donne vittime di violenza. Non mi convince, non mi basta, specie se a celebrarla sono le stesse istituzioni che non sono in grado di proteggere le donne dai mariti violenti, nemmeno dopo ripetute denunce messe nero su bianco. Non fa più notizia la morte di una donna per mano del compagno, non ci disturba abbastanza sapere che quella donna si era ciecamente affidata allo Stato chiedendo di essere protetta. Un paese dove perfino gli orfani dei femminicidi vengono abbandonati a loro stessi, è servita una legge ad hoc per proteggerli dalle spese legali, dalle umiliazioni e dal futuro incerto che peserà eternamente sulle loro spalle.

Che cosa si vuole ricordare esattamente il 25 novembre non mi è chiaro. Vogliamo ricordare chi non c’è più o vogliamo lottare contro le violenze di genere che mortificano la nostra società costantemente? Chi ci protegge dai salari più bassi degli uomini, chi ci protegge dai congedi parentali presi per il 90% dalle donne, dall’imparità nella gestione delle faccende domestiche, dal mobbing lavorativo che si subisce al rientro dalla maternità?

Chi ci protegge dalla cultura del sospetto, quella che insinua, quella che ammicca, dove la donna vittima è sempre e comunque un po’ complice della violenza, semplicemente perchè non è riuscita ad evitarla. Fin da piccole d’altronde, ci abituano ad avere paura delle streghe e non ad aver paura di chi le ha bruciate in piazza. Una spada di Damocle che ci portiamo sempre con noi, il senso di colpa come essenza stessa della nostra esistenza. È ora di dire basta, di perdonarci, di smetterla con le ambiguità. È ora di essere lapalissiani con chi, sfruttando la sua posizione di pseudo potere, vomita fango e veleno contro una diciottenne vittima di una violenza sessuale.

Vittorio Feltri, Direttore del quotidiano Libero definisce “ingenua” la ragazza che sarebbe stata violentata per ore dall’imprenditore Alberto Genovese. Non è lui un violentatore criminale, non è una persona mentalmente disturbata e probabilmente tossicodipendente, è la ragazza vittima di ingenuità. Il Direttore, che non brilla certo per galanteria e sensibilità, sottolinea tra l’altro che per un uomo sia molto difficile reggere una prestazione sessuale per cosi tante ore, con questo “accanimento sulla passera ingiustificato”. Sorvolando sul fatto che non tutti gli uomini hanno la stessa capacità di reggere una prestazione sessuale, e su questo chiaramente il Direttore ha dei problemi personali, è chiara la cultura del sospetto che il non giornalista Feltri vorrebbe trasmetterci. La ragazza in qualche modo in quella stanza ci è finita, che pensava di trovare? Sarà vero che non ci è stata?

Mi sorprendo che non si sia sollevata la questione dell’abbigliamento della vittima, se fosse più o meno consono. Naturalmente poco importa se la giovane in questione fosse stata narcotizzata, il solo fatto di aver partecipato ad una festa, di aver cercato il piacere, il divertimento, la pone su un piano diverso di questa narrazione tossica. È solo una mezza vittima, una vittima di se stessa e della sua lussuria, della sua incapacità di starsene a casa tranquilla e fare la brava ragazza. Le brave ragazze non vanno alle feste trasgressive e le cattive ragazze vanno incontro a qualsiasi cosa, saranno sempre mezze vittime. I genitori non hanno saputo tenerle al loro posto, sono streghe e delle streghe dobbiamo sempre e comunque dubitare.

Caro Direttore, quando avevo 18 anni ho incontrato tante di quelle persone e frequentato tanti di quei luoghi da poterle dire con certezza che almeno un centinaio di volte mi sarei potuta cacciare nei guai seri. Non è accaduto ma è solo un caso, pura fortuna. Le assicuro però che in nessuno di questi casi avrei meritato di essere stuprata sul letto di un tossico per infinite ed infinite ore. Le sue parole, oltre ad essere vomito, sono pericolose socialmente. Si sa Direttore che davanti alle ingenue si sentono tutti più giustificati, tutti più forti, tutti più liberi di fare quello che vogliono. Tuttavia, perfino le ingenue hanno diritto di non essere stuprate.

E comunque caro Direttore, nel salutarla, le ricordo che è sempre meglio essere ingenui che stronzi.