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Caso Alberto Genovese, una modella: "Anche vescovi tra rapporti e cocaina"

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A parlare è una fotomodella: "Si parla in codice anche per i pagamenti e per la droga. Ognuno conosce i suoi clienti"

Giulia Napolitano, fotomodella siciliana di 21 anni, ha deciso di raccontare alcuni retroscena che si allacciano al caso di Alberto Genovese, accusato di stupro. La giovane, che da anni lavora come ragazza immagine per feste private, ha parlato a Fanpage. “Una volta, in una bellissima villa romana di proprietà di una ex escort, ho visto un prete che aveva messo in fila tre ragazze nude sul letto e ognuna di loro aveva una striscia di cocaina sul pube – ha iniziato -. Il resto si può immaginare. Ne ho visto un altro che faceva un threesome, un trio con due ragazze, e non si è fermato neppure quando sono passata nella stanza per andare in bagno. Se faccio i nomi mi ammazzano“.

Alberto Genovese, coinvolti anche vescovi?

A Roma è pieno di vescovi e preti che fanno messa e tre ore dopo pippano cocaina e si divertono con 18enni come se niente fosse. Quando ho provato a chiedere come mai un uomo di Chiesa frequentasse serate del genere, qualcuno di loro mi ha risposto che stava seguendo la fuga nel rifugio dei peccatori – continua la modella siciliana -. Uno schifo”.

La ragazza racconta dunque di essere arrivata alla Napolitano durante un’inchiesta sulle feste di Alberto Genovese, l’imprenditore digitale arrestato per lo stupro di una modella 18enne durante un party. “Preferisco non parlare di Terrazza sentimento perché le feste di Genovese non erano il top in circolazione – continua la modella -. C’è di peggio. Lui ha fatto una cosa orribile e dovrà pagare ma vi assicuro che di party come i suoi è piena l’Italia, ne ho visti uguali a Milano, a Roma, in Sicilia, in Sardegna, in campagne di paesini sperduti. Di persone che pippano 5 grammi di cocaina ce n’è dappertutto”.

Omertà attorno al caso Genovese

La Napolitano ha dichiarato che non teme di parlare perché “nessuno può ricattarmi. Non mi drogo e non ho mai barattato la mia dignità prostituendomi, facevo solo la ragazza immagine”. Infine spiega: “L’omertà che ruota attorno a questa vicenda è dettata solo dalla paura di perdere la droga gratis e il lavoro con i clienti, lo dico senza problemi. Ma chi vuole fare un lavoro serio? Guadagnano 10mila euro al mese se vogliono e all’improvviso devono andare a lavorare in un bar per mille? No, meglio stare zitte”. “Non si pente nessuna”, dice ancora. “È difficile tornare a una vita mediocre, chi smette è perché è troppo vecchia, ha trovato marito o è morta per la droga. In ogni caso c’è un mare di ragazze che fa a gara per partecipare a queste feste. Mica vai lì per la bella musica o per fare amicizia, ci vai perché c’è l’avvocato che ti dà mille euro. Così ti paghi l’università o magari ti compri la borsa che volevi. E poi non ci dimentichiamo che molte sono tossicodipendenti e lì trovano la droga gratis“.