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Alberto Genovese, interrogatorio: "Non nuocerò più alla collettività"

Alberto Genovese interrogatorio

Durante l'interrogatorio con i pm, Alberto Genovese ha ricostruito quanto successo nella notte compresa tra il 10 e l'11 ottobre.

Si sono alternate confusione e lucidità nelle cinque ore e mezza di interrogatorio di Alberto Genovese, imprenditore in carcere con l’accusa di violenza sessuale. Pur cedendo alla disperazione, ha risposto a tutte le domande dei pm Letizia Mannella e Rosaria Stagnaro come dimostrazione di “buona volontà” chiedendo però “pazienza e comprensione” perché “il mio è il cervello di un tossicodipendente e sono tormentato dall’incapacità di distinguere la realtà dalla finzione“.

L’interrogatorio di Alberto Genovese

Dopo aver raccontato di essersi rovinato la vita con la droga, che ha iniziato ad assumere nel 2015, ha ribadito di essere tormentato da un anno da allucinazioni uditive che gli hanno fatto fare “cose che non mi sarei mai sognato di fare“. Sensazioni che, ha dichiarato, sente attraverso il respiro o il battito cardiaco, da una mano che passa sulla stoffa, dai condotti dell’aria condizionata o dal rumore del movimento delle suole delle scarpe sul pavimento.

Di fronte ai pm che vogliono approfondire quello che è accaduto a casa sua tra il 10 e l’11 ottobre, Genovese ha affermato di avere ricordi molto confusi ma non ha difficoltà a ricordarsi di aver avuto un rapporto con una ragazza mentre entrambi assumevano droga. L’accusa nei suoi confronti è quella di aver stordito la donna con gli stupefacenti e di aver abusato di lei anche quando lo implorava di smetterla. Una ricostruzione opposta a quella dell’imprenditore secondo cui la donna gli avrebbe chiesto tre mila euro “e puoi fare tutto quello che vuoi. A quel punto, ha raccontato, avrebbe preso i soldi dal comodino, li avrebbe contati e dati a lei e quest’ultima sarebbe andata in bagno a ricontarli.

Ricordo che è tornata dal bagno nuda e con la borsetta mi ha detto ‘eh, eh’. Allora sono andato nello studio, ho preso un’altra manciata di soldi, forse una mazzetta intera da dieci mila“, ha aggiunto. Con il passare delle ore gli è però giunto il sospetto che la ragazza potesse essere minore: “Ero terrorizzato perché avevo fatto sesso con una prostituta minorenne“. Per questo avrebbe bruciato i soldi e invitato la modella ad andare via. Scoperto nei giorni successivi che era maggiorenne, avrebbe mandato alla ragazza otto mila euro e ritenuto che lei lo avesse denunciato come punizione per non averla pagata subito.

In ogni caso, ha concluso Genovese, “penso che questo processo mi possa dare la possibilità di dimostrare che non nuocerò più alle donne e alla collettività“.