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Martina Rossi, i genitori: "Non vogliamo vendetta"

Martina Rossi

I genitori di Martina Rossi, 20enne precipitata nel vuoto in Spagna, non vogliono vendetta ma semplicemente giustizia per la figlia.

Resta ormai solo il verdetto della Cassazione per sapere tutta la verità su come è morta Martina Rossi, studentessa genovese di 20 anni, precipitata dal terrazzo di un hotel di Palma di Maiorca, dove era in vacanza con le amiche, il 3 agosto 2011. La verità sta per arrivare e i genitori della ragazza hanno specificato di non voler vendetta, ma solo giustizia.

La storia di Martina Rossi

Sono tante le ipotesi che sono emerse per cercare di comprendere la morte di Martina Rossi, studentessa 20enne precipitata nel vuoto a Palma di Maiorca. Dal giudizio della Corte di Appello di Firenze si intuisce che la ragazza potrebbe essersi gettata nel vuoto in preda ad una crisi di nervi, ma una delle ipotesi più probabile, come avevano stabilito i giudici di primo grado, è che Martina possa essere scappata da due ragazzi toscani che volevano violentarla. Il procuratore generale della Suprema Corte nella requisitoria ha scritto che le prove e gli indizi sono stati “travisati” in modo “superficiale e frammentario“, “non collegando gli uni agli altri ai fini della valutazione globale“. Tutto questo è stato fatto andando “a ritroso“, per la convinzione che non si potessero condannare gli imputati “oltre ogni ragionevole dubbio“. Per questo ha chiesto l’annullamento della sentenza di secondo grado, che assolveva i due imputati, e un nuovo processo di appello. “Noi non cerchiamo vendetta e non vogliamo neppure che innocenti finiscano in galera. Chiediamo giustizia e verità. Dieci anni dopo ci devono dire perché è morta Martina, la nostra unica figlia” hanno commentato i genitori di Martina, Bruno, ex portuale e sindacalista del porto di Genova di 80 anni, e Franca, insegnante in pensione. I due imputati Alessandro Albertoni, campione italiano di motocross di 28 anni, e Luca Vanneschi, entrambi di Castiglion Fibocchi (Arezzo), erano stati condannati in primo grado a sei anni di carcere per tentata violenza sessuale e per aver causato la morte della giovane in conseguenza di un altro delitto.

Questo reato era andato in prescrizione, provocando polemiche e un intervento di Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia. In appello, il pg Luciana Singlitico, aveva chiesto una condanna a tre anni per il solo tentativo di stupro ma i giudici li avevano assolti. “La cosa che ci addolora di più è che in quel processo nostra figlia è stata descritta come una pazza mangiatrice di uomini in preda all’alcol e alle droghe, suicida chissà per quale motivo. Non soltanto Martina era sana di mente, non beveva e non si drogava, ma persino le analisi sul suo corpo effettuate dalle autorità spagnole dimostrano che non era ubriaca e che non aveva ingerito sostanze stupefacenti. Per non parlare poi delle testimonianze che, come ha riconosciuto anche il pg della Cassazione, danno una valutazione opposta al giudizio di Appello” hanno spiegato i genitori. Stefano Salvi, avvocato di famiglia, ha sottolineato che le indagini sono state troppo lente e mirate all’ipotesi del suicidio. I genitori chiedono che la figlia venga ricordata per ciò che era realmente. “Una ragazzina piena di entusiasmo, che amava le amicizie, lo studio, aveva la passione per l’arte e disegnava i volti delle persone descrivendo con il tratto e i colori il loro carattere e ci indovinava sempre” hanno raccontato. “Lei non doveva essere lì dove è morta. Voleva andare in Corsica con le sue amiche ma era tutto esaurito. Così avevano cambiato destinazione. Mi chiamò dall’agenzia di viaggi. ‘Mamma andiamo a Palma di Maiorca’, disse ridendo. La vidi partire con il pullman per Milano dove poi avrebbe preso l’aereo. È stata l’ultima volta che l’ho accarezzata. Oggi mi rimangono le ultime foto scattate con le amiche in spiaggia poco prima che qualcuno ce l’ammazzasse” ha raccontato, commossa, la madre Franca.