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Gelato "positivo" in Cina, quali possono essere i rischi di contagio

Cina

Coronavirus, la storia del "gelato positivo" in Cina. Ma esiste il rischio di contagiarsi attraverso gli alimenti?

Ha fatto il giro del mondo la notizia del gelato risultato positivo al coronavirus in Cina. La scoperta, annunciata dall’agenzia di stampa Xinhua, aveva immediatamente allarmato le autorità, che hanno rimosso i lotti contaminati dal mercato. Ma esiste la possibilità di contagiarsi attraverso il gelato? E se sì, in che misura?

Il gelato positivo al coronavirus

L’allarme “gelato positivo” in Cina è stato definitivamente spento, e le oltre duemila scatole incriminate sono state individuate. Ma una domanda sorge spontanea sul gelato positivo al Sars-Cov-2, prodotto presso la Tianjin Daqiaodao Food Co. Ltd: potrei contagiarmi mangiandolo? “Al momento non ci sono prove che le persone possano contrarre la COVID-19 dal cibo, compresi frutta e verdura” risponde l’Organizzazione mondiale della Sanità. “Si ritiene che il rischio di contrarre la COVID-19 dal cibo che cucini tu stesso o dalla manipolazione e consumazione di cibo dai ristoranti e dai pasti da asporto o drive-thru sia molto basso -confermano i CDC-. Attualmente, non ci sono prove che il cibo sia associato alla diffusione del virus che causa COVID-19″.

Il rischio contagio degli alimenti

Uno studio cinese, intitolato “Can the coronavirus disease be transmitted from food? A review of evidence, risks, policies and knowledge gaps”, non è invece troppo d’accordo con l’OMS. Secondo gli scienziati, sarebbe stato “ampiamente trascurato” il rischio derivante da alimenti surgelati e refrigerati. Grazie alle basse temperature a cui il gelato è conservato, infatti, il coronavirus trova terreno fertile per sopravvivere per lungo tempo. Secondo la ricerca, il trasporto di cibo contaminato da un Paese all’altro potrebbe aver favorito la diffusione del virus in aree prima Covid-free. Un esempio risale allo scorso anno, quando in un mercato in Cina fu trovato un ceppo europeo del SARS-CoV-2 presente su un tagliere nel quale veniva trattato salmone proveniente dalla Norvegia. La comunità scientifica ritiene più probabile che il tagliere sia stato contaminato da una persona infetta presente al mercato, mentre per le autorità cinesi il virus potrebbe essere arrivato dall’Europa sul pesce. Una possibile trasmissione del virus attraverso gli alimenti, quindi, non si può totalmente escludere, ma come suggeriscono le autorità sanitarie mondiali, il rischio resta molto basso.