> > Un documento dimostra che l'Italia non era pronta alla pandemia

Un documento dimostra che l'Italia non era pronta alla pandemia

Ministero della Salute

L'Italia non avrebbe adempiuto agli obblighi contenuti nel Regolamento Sanitario Internazionale dell'Oms.

L’ex generale dell’Esercito Pier Paolo Lunelli, in un documento che entrerà agli atti della causa civile dei familiari delle vittime contro il Governo e la Regione e nell’indagine della Procura di Bergamo, ha scritto che l’Italia “ha trascurato o peggio ignorato sino a quando era troppo tardi” di sviluppare le “8 capacità fondamentali per fronteggiare una pandemia“, come invece era obbligata a fare dal Regolamento sanitario internazionale dell’Oms.

L’Italia non pronta alla pandemia

Nell’articolo 13 del documento, entrato in vigore il 17 giugno 2007, si legge che “ogni Stato è obbligato a sviluppare, rafforzare e mantenere il prima possibile, ma non più tardi di 5 anni dall’entrata in vigore del presente Regolamento, la capacità di rispondere prontamente ed efficacemente ai rischi per sanità pubblica e alle emergenze sanitarie di interesse sopranazionale“. Lunelli, autore di protocolli per piani pandemici in diversi Stati europei ed ex responsabile della Scuola interforze per la difesa Nbc (struttura che forma il personale militare), ha sostenuto che “vi sono numerosi indizi” che hanno portato alla consapevolezza dell’inerzia italiana. Lunelli ha spiegato che dal 2007 avrebbero dovuto investire sull’efficienza sanitaria, sul dispositivo di sorveglianza e individuazione delle malattie infettive, sulle strutture ospedaliere e sul personale per la gestione di emergenze, in modo da essere pronti a gestire un’epidemia. Per 5 anni su 10 l’Italia non avrebbe risposto al questionario di autovalutazione proposto dall’Oms e queste prove, come ha spiegato Lunelli, rivelano che il Paese ha sovrastimato in maniera eccessiva le proprie capacità. L’Italia non avrebbe seguito le istruzioni emanate dal RSI e dall’Oms e non avrebbe tenuto presente la decisione del Parlamento europeo del 2013 e le linee guida dell’Oms.

L’ex generale ha spiegato che tra le capacità non sviluppate c’è il coordinamento interministeriale nelle attività di preparazione e in quelle di emergenza. In Italia, nelle prime fasi, “ciascuna regione comunicava i dati in formato diverso e molti degli attori in gioco si muovevano per conto proprio senza condividere in maniera integrata le risorse per la crisi“. “Numerosi sono i segnali che portano a concludere che il ruolo decisivo della fondamentale capacità di un National Focal Point (NFP) di coordinamento sia stato disatteso fino al 2020” ha aggiunto Lunelli. Il nostro Paese non ha sviluppato le capacità di avere un piano pandemico aggiornato. “Il primo documento ufficiale che delinea scenari e rischi è stato pubblicato nell’autunno del 2020, dopo la prima ondata” è stato dichiarato. Secondo Lunelli l’Italia non era per niente pronta e proprio per questo è prima al mondo tra i Paesi più grandi, con un tasso di mortalità pari a 120 decessi ogni 100mila abitanti. Tra i Paesi piccoli è stata superata solo dal Belgio. “Non è un caso che Belgio, Spagna ed Italia avevano piani pandemici aggiornati al 2006” ha dichiarato il generale. L’eccesso di mortalità nel periodo febbraio-novembre, rispetto alla media dei cinque anni precedenti, come sottolineato da Lunelliè pari a circa 84mila decessi, che sono ovviamente imputabili all’emergenza sanitaria nel suo complesso. Di questi, a fine novembre, soltanto 57.647 sono collegati alla patologia Covid. Gli ulteriori 26mila decessi sono quindi legati alle conseguenze indirette dell’emergenza sanitaria. Quasi il 50% in più. A breve l’Istat fornirà i dati di dicembre. Noteremo che l’eccesso di mortalità generato dall’emergenza sanitaria avrà toccato, se non superato, i 100mila“.