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Michele Langianese: in città c'è il suo manifesto funebre, ma è vivo

Michele Langianese

Il lungo sfogo del ragazzo di 26 anni, che ha visto il suo manifesto funebre in città, pur essendo vivo.

Uno scherzo di cattivo gusto, che ha superato i limiti del rispetto umano e che ha tutto il sapore di un ennesimo atto persecutorio nei confronti di un ragazzo di 26 anni. Michele Langianese ha raccontato quanto accaduto sui social network, con un lungo sfogo.

Il racconto di Michele Langianese

Il protagonista di questa storia è Michele Langianese, un ragazzo di 26 anni di Lucera, in provincia di Foggia, che nei giorni scorsi ha trovato nella città in cui vive i suoi manifesti funebri. Un manifesto reale, con tanto di foto di Michele, data dei funerali e nomi dei parenti che ne davano il triste annuncio. Uno scherzo decisamente di cattivo gusto, che Michele ha voluto raccontare sui social network, lasciandosi andare ad un lungo sfogo sulla bacheca del suo profilo di Facebook. “Ho ignorato scherzi telefonici (anche di notte), ho ignorato profili falsi su Instagram che dove venivo insultato e preso in giro, ho ignorato le volte che avete suonato al citofono (una volta delle quali avete detto “condoglianze”)” ha scritto il ragazzo, facendo l’elenco dei gesti persecutori che ha dovuto sopportare.

Oggi un amico di mia sorella ha chiamato per dirci di un manifesto funebre sotto casa con il mio nome sopra. La cosa più triste è che l’avete messo sotto ad altri manifesti funebri, manifesti di un signore venuto a mancare qualche giorno fa. Questi scherzi del genere sono da denuncia. Non vi auguro nessun male. Vi auguro soltanto di crescere” ha scritto Michele Langianese, sottolineando quanto sia stato di cattivo gusto questo gesto. Il 26enne si è rivolto immediatamente agli avvocati di uno studio legale, che ora stanno seguendo il caso. “Michele non é morto. Ma é vittima di qualcuno che forse non sa che questo ‘scherzo’, insieme ad altri atti persecutori, potrebbe portargli il carcere fino a 5 anni (salvo più gravi reati) insieme alla condanna di risarcimento per danni” hanno spiegato.