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Insulti e minacce di morte a persone trans durante un incontro online

Insulti a bologna ai transgender

Gli intrusi sono riusciti a impadronirsi del controllo della riunione, impedendo ai due responsabili delle Associazioni trans di intervenire.

É l’ennesimo episodio di omofobia, è l’ennesimo episodio nel quale vengono a galla tutti i pregiudizi discriminatori nei confronti delle persone transgender. Insulti e minacce di morte sono comparse lunedì 8 febbraio su un gruppo di individui che hanno fatto irruzione in un incontro online, il quale era stato organizzato da due gruppi di persone transgender. L’attacco ha avuto luogo sulla piattaforma Zoom. A quanto pare questi estranei sono riusciti a impossessarsi della gestione della riunione ed a impedire ai due responsabili delle Associazioni trans di intervenire per bloccarli.

Insulti fascisti e minacce di morte a persone trans durante un incontro online

Il presidente e fondatore del Gruppo Trans APS di Bologna, Christian Cristalli, ha raccontato che l’obiettivo della riunione era quello di creare un incontro di socializzazione online per persone transgender, visto che, a causa del Covid, non è più possibile conoscere persone dal vivo. Bisogna, in effetti, pensare che queste occasioni, questi incontri, sono quel poco che resta per offrire non solo sostegno a chi ne ha bisogno, ma anche solo per dare un pizzico di cambiamento alla routine che ormai ci abbraccia da quasi un anno. “Abbiamo deciso di lasciare la riunione aperta al pubblico. Sbagliando, abbiamo avuto fiducia nel fatto che non sarebbe successo nulla di male“: queste le parole di Jacopo Vanzini, vice presidente del Gruppo Trans di Arcigay Gioconda di Reggio Emilia, altro organizzatore dell’incontro online. 

Questi due coordinatori sono entrambi attivisti per i diritti LGBTQ e hanno anche detto di aver visto diverse persone collegarsi e di averli notati perchè tenevano la telecamera oscurata, violando, quindi, una delle regole posta per l’evento. Ovviamente queste persone sono state sollecitate a mostrare il proprio volto, poichè in caso contrario sarebbero stati allontanati dalla call. É proprio in quel momento che uno di loro è riuscito a impadronirsi del controllo del meeting: da quel preciso istante sullo schermo sono apparsi disegni offensivi e minacce di morte. Inoltre, quando è accaduto ciò la maggior parte degli intrusi aveva acceso la telecamera, ma non mostrare il loro volto, ma solo per mettere in mostra magliette nere, cappelli neri e occhiali da sole. “Hanno anche messo delle registrazioni e delle musiche a volume altissimo, intonavano degli inni e mostravano segni fascisti e nazisti sullo schermo“. Come se non bastasse, hanno anche registrato tutta l’accaduto. “Questo episodio è particolarmente grave perché riunisce in sé il cyberbullismo, il fascismo e la transfobia. La violenza online, del resto, è una delle nuove forme in cui si estrinseca l’odio nei confronti delle minoranze“, dice giustamente Cristalli.

Quest’ultimo ha garantito che è già in corso un procedimento penale contro questi sostenitori dell’omofobia, grazie a uno dei partecipanti, il quale fortunatamente è riuscito a filmare tutto ciò che è accaduto con il suo cellulare. É così che sono riusciti ad avere i volti dei colpevoli.

Approvata la bozza di legge Zan

Come si poteva immaginare, molti ragazzi presenti all’incontro sono rimasti profondamente turbati dall’accaduto: è per questo anche che queste persone non possono passarla liscia e devono pagare per la violenza gratuita che hanno voluto infliggere ai poveri transgender. 

Un buona notizia è, però, arrivata il 4 novembre scorso, poichè è stato approvato alla Camera la bozza di legge Zan: essa propone modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale e in aggiunta “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“. L’obiettivo è, quindi, anche quello di rendere più dure e giuste le pene per chi compie questi crimini atroci. Attualmente le discussioni in realtà sono ferme: ciò ovviamente crea agitazione perchè si teme che i tempi di approvazione possano in qualche modo allungarsi, lasciando ulteriormente le vittime del cyberbullismo in un limbo in cui da troppo tempo vivono.