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Terapie intensive peggio della prima ondata: l'allarme degli anestesisti

Flavia Petrini mette in guardia sulle terapie intensive

Terapie intensive messe peggio della prima ondata, la presidentessa Siaarti sostiene che nuove difficoltà e maggior contagiosità sono pericolose

Le terapie intensive sarebbero messe peggio che durante la prima ondata. Il sunto, drammatico, arriva da Flavia Petrini, presidente della Siaarti, la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva. La Petrini è anche componente del Comitato tecnico-scientifico e a lei è toccato l’onere di commentare i recenti dati sui reparti di massima emergenza, con ben 9 Regioni al di sopra della soglia critica di occupazione del 30%. “Nelle terapie intensive italiane – ha affermato la dottoressa Petrini – la situazione è peggiore rispetto alla prima ondata” del Covid 19. Non solo perché sono di più le Regioni in affanno. Nella prima fase della pandemia il dramma ha riguardato Regioni che partivano da un’organizzazione di prima classe, ora sono coinvolte aree più sfortunate per quanto riguarda il numero degli operatori sanitari disponibili. E non tutte le direzioni aziendali sono altrettanto rapide e pronte nel prendere decisioni”.

Terapie intensive peggio della prima ondata

E le criticità delle terapie intensive hanno fattori di causa specifici. “Sono diffuse in zone meno attrezzate e con livelli organizzativi sulle reti delle terapie intensive che già erano in affanno prima della pandemia. Con la velocità con la quale si sta diffondendo il contagio la preoccupazione è elevata”. Tutto questo rende più difficoltosa la possibilità per anestesisti e rianimatori di sostenere un reparto all’interno della stessa regione . La Petrini sostiene che “lo è nelle Regioni dove per caratteristiche geografiche o per la carenza di infrastrutture, come accade in molte aree del Sud, spostarsi è complicato e anche per i professionisti aiutarsi l’uno con l’altro diventa quasi impossibile”. La stima della Siaarti fonda su parametri di criticità che non si basano solo sul tasso di occupazione dei posti letto, ma anche sul coefficiente di gravità delle condizioni dei pazienti che occupano quei posti. Questo secondo fattore infatti fa crescere esponenzialmente bisogni assistenziali e protocolli operativi.

Il progetto della Siaarti: un ‘cruscotto’ alla tedesca

Con dati che danno la situazione in tempo reale e a fare previsioni sui ricoveri, la Siaarti ha un progetto che la Petrini espone: “L’ideale per tenere sotto controllo a livello nazionale e in modo omogeneo la situazione delle terapie intensive sarebbe proprio avere un ‘cruscotto’, come succede in Germania. Attualmente la soglia critica è dichiarata dalle direzioni delle aziende sanitarie che indicano, però, solo quanti letti sono occupati, non ci sono elementi clinici, non ci sono sfumature. Può accadere, per esempio, che una terapia intensiva abbia meno pazienti di un’altra ma con complessità maggiori da gestire, una situazione che, nella realtà, è di maggiore criticità ma non emerge”. Lo scopo è quello di “creare uno strumento più ‘sensibile’, che superi anche il problema dei sistemi di rendicontazione differenti da parte delle Regioni e che possa, finita l’emergenza, rimanere strutturale”.