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Microbiota e migrazioni: come cambia la flora intestinale al variare dell'ambiente

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La ricerca parte dall'individuazione microbiota intestinale in sei differenti gruppi etnici che hanno subito fenomeni di migrazione.



Come siamo ormai purtroppo abituati a vedere, intraprendere una migrazione è per molti una scelta difficile, quando non obbligata. E molto spesso rischiosa. Una scelta destinata non solo ad avere pesanti ripercussioni sulla psiche di una persona. Ma, stando a quanto rivelato da alcune ricerche scientifiche, anche sul suo fisico.

Sono infatti ormai sempre più numerosi gli studi effettuati in grado di dimostrare come la composizione del microbiota intestinale sia differente nei diversi gruppi etnici umani. Studi che mettono anche in evidenza come questo sia soggetto a forti cambiamenti in seguito ad una migrazione, e al cambiamento ambientale anche per periodi brevi di lavoro, studio o svago.

Una prima ricerca sul tema è pubblicata sulla rivista Nature del mese di Agosto 2018, e condotta dal team della dottoressa Mèlanie Deschasaux, epidemiologa presso L’Academic Medical Center di Amsterdam. Una ricerca che ha evidenziato la sostanziale differenza nella composizione del microbiota intestinale nei sei maggiori gruppi etnici residenti nei Paesi Bassi. Prendendo in esame campioni di 2.084 individui di etnia olandese, ghanese, marocchina, turca e del Suriname, i ricercatori hanno infatti potuto dimostrare l’esistenza di una sostanziale differenza su base etnica nella composizione della popolazione batterica del microbiota intestinale.

La ricerca del Dott. Pajau Vangay

Dati che sarebbero poi confermati da una ulteriore ricerca recentemente apparsa sulla rivista scientifica Cell, e condotta da Pajau Vangay, ricercatore dell’Università del Minnesota. Gli Stati Uniti, anche grazie alle politiche di snellimento delle procedure per entrare sul proprio territorio come l’ESTA, sono il paese che accoglie più immigrati (senza contare i viaggi per lavoro e studio) e si prestano bene a questo tipo di indagine. Già precedenti ricerche scientifiche hanno avuto il merito di dimostrare l’esistenza di una correlazione tra dieta e geografia nella composizione del microbiota intestinale. Portando in evidenza una maggiore varietà nella popolazione batterica di individui residenti in aree rurali rispetto a quelli residenti in ambienti industrializzati. Dati che verrebbero ora confermati dalla ricerca del dottor Vangay, e dal suo studio sugli immigrati trasferirtisi negli States dal sud est asiatico, condotto prendendo in esame il microbiota delle popolazioni di etnia Hmong e Karen, due distinte etnie originarie di Cina e Birmania. Il team di ricercatori ha quindi analizzato la composizione del microbiota intestinale di 514 donne Hmong e Karen in salute, di età compresa tra i 18 e i 78 anni. Di queste, 179 sono tutt’ora residenti in Thailandia, 281 sono nate in Thailandia ma si sono trasferite negli States e 54 sono nate negli Stati Uniti ma con genitori nati in Asia. Come gruppo di confronto il team ha invece selezionato 36 donne americane europee.

I risultati dello studio

Le analisi condotte sulle feci delle partecipanti alla ricerca hanno dimostrato che le donne originarie del sud est asiatico presentano due microbioti distinti. Una differenza che va tuttavia attenuandosi con il passare del tempo, e con la permanenza dei migranti in ambienti urbani ed industriali. In particolare gli studi hanno dimostrato come il batterio di genere Bacteroides, associato al microbiota delle popolazioni occidentali, fosse andato a sostituirsi al batterio Prevotella, generalmente presente negli individui del sud-est asiatico. Una perdita che renderebbe la flora dell’apparato digerente degli immigrati meno varia, e meno capace di degradare le fibre vegetali. Una differenza destinata ad aumentare con il passare del tempo trascorso nel nuovo mondo, e che secondo gli studi inizierebbe a manifestarsi già pochi mesi dopo aver posato il piede sul suolo americano. Uno studio in grado quindi di offrire una chiave di lettura di alcune delle malattie metaboliche che sempre con maggiore occorrenza colpiscono gli immigrati di seconda e terza generazione, costretti a fare i conti con i sempre più frequenti casi di obesità e di problemi metabolici. Disfunzioni che quindi, secondo queste ricerche, potrebbero trovare una causa proprio nella modifica della composizione del microbiota intestinale