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Inno di Mameli: l'autore, la storia e il significato di Fratelli d'Italia

inno d'Italia

"Fratelli d'Italia" risuona nel cuore degli italiani da ben 171 anni : tutta la storia e il significato del "Canto degli Italiani".

L’Inno di Mameli, ovvero l’inno ufficiale dello Stato Italiano, fu composto nel 1847 da Michele Novaro. L’autore per comporlo prese ispirazione dall’inno francese La Marsigliese e lo fece debuttare a Genova nel medesimo anno della creazione, in occasione della commemorazione della rivolta del quartiere genovese di Portoria contro gli occupanti asburgici.

La storia e il significato dell’Inno di Mameli

La notorietà dell’inno di Mameli si conferma però solo nel periodo del Risorgimento, con le Cinque giornate di Milano, la promulgazione dello Statuto Albertino e per i festeggiamenti della Repubblica Romana di Giuseppe Mazzini. Diventa inno provvisorio della Repubblica italiana, solo nel 1946 grazie alla volontà del Ministro della Guerra Facchinetti, che decise di inserirlo addirittura nel testo della Costituzione. L’ufficializzazione dell’inno però avviene 71 anni dopo, precisamente il 15 novembre 2017, aggiudicandosi il nome di Il Canto degli Italiani. Vediamo strofa per strofa il significato del testo dell’Inno di Mameli:

“Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.”

Publio Cornelio Scipione fu il generale vincitore dello scontro avvenuto nel 202 a. C. nell’attuale Algeria, con il quale di ebbe la fine della seconda guerra punica. Grande fu la vittoria dei Romani e l’Italia quindi in senso simbolico risultò pronta a cingersi la testa dell’elmo di Scipione, in riferimento alla sua eroicità.

“Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.”

Un tempo alle schiave venivano tagliati i capelli per differenziarle dalle donne libere. La dea Vittoria raffigurata attraverso una lunga dalla folta chioma, avrebbe quindi rinunciato ai suoi lunghi capelli in segno di sottomissione a Roma. Mameli quindi con questa strofa dimostra di essere certo della vittoria di guerra degli italiani.

“Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.”

La coorte, simbolo di combattimento romano composto da seicento, era la decima parte di una legione. Stringersi intorno alla “coorte” simboleggiava quindi la salita certa alle armi, rimanendo uniti anche in rischio di morte.

“Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.”

Con questa strofa Mameli indica quanto era forte la voglia di unirsi sotto una bandiera unica.

“Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.”

Mameli, mazziniano convinto esalta la sua voglia di ottenere l’unione di tutti gli Stati italiani, fino alla nascita di una Repubblica, grazie all’aiuto di dio.

“Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,…”

In riferimento alla battaglia di Legnano del 1176 a cui seguì nel 1183 la pace di Costanza. La strofa quindi va ad indicare il territorio implicato nelle vicende di quel periodo.

“Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,”

In riferimento alla difesa della Repubblica di Firenze tra il 12 ottobre del 1529 e il 12 agosto del 1530, in cui il capitano Ferrucci trovò la morte. A lui quindi fu dedicata questa strofa.

“I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,”

Balilla” ovvero il soprannome che venne dato ad un bambino nel 1746 dopo che lanciò un sasso in direzione di un ufficiale, dando inizio ad una guerriglia sfociante nella liberazione della città.

“Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.”

Il suono di ogni campana, che dava vita ai “Vespri Siciliani“, sollecitava i palermitani all’insurrezione a sfavore dei francesi. La strofa continua e termina ricordando che l’Italia è pronta a morire per il bene di se stessa.

“Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.”

Le prime parole fanno riferimento all’Austria degli Asburgo, il cui simbolo era l’aquila bicipite era ormai alla fine della sua esistenza. Mameli con l’inno va quindi a richiamare gli italiani per sterminare ufficialmente la dominazione austriaca in affiancamento alla Polonia. L’Impero austro-ungarico però in parallelo con la Russia, invase la Polonia. Il sangue italiano unito a quello polacco però, poteva diventare veleno contro i popoli nemici.

Sebbene l’Inno di Mameli trovò opposizione dal popolo fascista e soprattutto dopo l’armistizio del 1943, con il quale fu provvisoriamente sostituito da La canzone del Piaverisuoni , risuona nel cuore degli italiani da ben 171 anni. Una melodia inconfondibile ed emozionante che fa vibrare il cuore durante le cerimonie ufficiale di stati e negli appuntamenti meno seriosi come quelli sportivi.