> > Da uomo non ho niente da ridere sullo stupro

Da uomo non ho niente da ridere sullo stupro

lo zoo di 105 battute scherzi stupro

Il metodo dello Zoo di 105 è sempre lo stesso: si solleva un polverone e, se qualcuno non apprezza o si offende, si gira tutto in caciara o ci si barrica dietro la libertà di parola o di satira.

Ci risiamo, l’hanno fatto di nuovo. Parlarne è un po’ fare il loro gioco, ma a volte si deve. Lo Zoo di 105 ha fatto ancora parlare di sé, grazie a una storiella di cattivo gusto su qualcuno che non si accorge di aver stuprato una ragazza, fino a quando non glielo fanno notare. Capirai le risate. Il tutto condito da grasse sganasciate e da giustificazioni tipo: “Siamo uomini, ci sta avere degli scheletri nell’armadio”.

D’altronde il metodo è rozzo, ma efficace, visto il seguito della trasmissione, ed è comune a tutti gli auto-nominatesi “provocatori”: si solleva un polverone e se qualcuno non apprezza o peggio si offende, si gira tutto in caciara o, al limite, ci si barrica dietro concetti di ben altra dignità, come la libertà di parola o di satira.

Ma qui nessuno chiede di non fare satira su tutto, anche sugli stupri se è il caso. Ma bisogna esserne capaci, solo pochi lo sono davvero. Lo stupro è una violenza che lascia tracce profonde nel corpo e nell’anima di chi lo subisce e capisco che tante ragazze che hanno subito violenza si siano sentite di nuovo colpite nel profondo. Da uomo, anche a me la storiella dello Zoo non fa affatto ridere.

Non mi stupisce che si parli dell’ennesima espressione della “cultura dello stupro”, la stessa che autorizza Grillo a inveire, senza contradditorio come sempre, contro i giudici e soprattutto contro due presunte (c’è un processo in corso) vittime, poco credibili, secondo lui, solo perché la denuncia è arrivata dopo nove giorni.

La stessa “cultura” che colpevolizza chi denuncia uno stupro. Si chiama “vittimizzazione secondaria”. Secondaria nel senso che è, in teoria e in pratica, una seconda aggressione, che le rende di nuovo tutte vittime.

Chi ascolta questi programmi, chi li scrive conduce e produce, le radio che li trasmettono e le aziende che ne comprano la pubblicità, vogliono davvero questo?