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Dimissioni di Draghi, tutte le riforme che ora sono bloccate

Mario Draghi

Tutte le riforme bloccate dopo le dimissioni del Premier Draghi: dalla Legge di Bilancio 2023 alle riforme sulla scuola.

Le dimissioni di Mario Draghi dalla presidenza del Consiglio dei Ministri hanno lasciato un enorme buco in Italia, soprattutto per quanto riguarda le riforme su cui aveva lavorato l’esecutivo. Tutte le riforme sono rimaste in cantiere e non sono affatto poche. Andiamo a vedere quali sono.

Dimissioni di Draghi, tutte le riforme che ora sono bloccate: la Manovra

Tutti temevano la crisi di governo proprio per la Legge di Bilancio prevista per il 2023. Dato che le previsioni di spesa devono essere presentate entro il 27 settembre, se ne occuperà comunque il governo dimissionario. Poi la palla passerà al nuovo esecutivo che dovrà, tra ottobre e dicembre, approvare la Legge di Bilancio per il 2023.

Il PNRR

Siamo in attesa di altre due rate del PNRR che ci verranno donate solo ad alcune condizioni. L’Unione europea ha infatti messo dei vincoli per ottenere questi fondi, uno di questi è l’approvazione di leggi che prevedano cambiamenti strutturali. Tra i Disegni di legge in cantiere vi è il Ddl Concorrenza. Se non passa tale provvedimento, insieme a tutti i decreti attuativi, non potremo ottenere 40milioni dall’Ue. Sappiamo bene che ci sono state molte polemiche circa il Ddl Concorrenza, soprattutto da parte dei tassisti. Il governo ha infatti cercato di modificare il testo del Disegno di legge rimuovendo l’articolo 10 che andrebbe a “ledere” la categoria di lavoratori prima citata.

Il salario minimo

Un altro tema che ha separato le classi politiche in Italia è quello del salario minimo. Il M5S, responsabile della crisi di governo ha molto a cuore che si approvi tale provvedimento. A contrastare sono anche le opinioni di Confindustria e del ministero del Lavoro su questo tema e, visto che l’Italia è così spaccata, il dibattito sul salario minimo è stato rimandato a data da destinarsi.

Bonus 200 euro

Il Bonus 200 euro dovrebbe essere salvo in quanto è compreso del Dl Aiuti che, sebbene sia stato uno dei casus belli della crisi di governo, è passato in Parlamento. La sua versione attuale, rispetto a quella originale, è parzialmente “tagliata”. Vista l’attuale situazione politica in Italia, difficilmente passeranno altri provvedimenti previsti dal Dl come il taglio al cuneo fiscale.

Reddito di cittadinanza

Il premier Draghi non ha mai detto di voler eliminare il provvedimento tanto caro al M5S, ma solo di modificarlo leggemente. Era ancora aperta la discussioni tra le parti politiche e sociali in merito al reddito di cittadinanza ma, con la caduta del governo Draghi, la palla passerà al prossimo esecutivo. Un traguardo è stato però raggiunto: anche il no a un’offerta a chiamata diretta da un datore di lavoro privato rientra nel calcolo dei rifiuti che possono far perdere il sostegno.

Superbonus

Anche il Superbonus è a rischio, in quanto Draghi aveva affermato: “Per il Superbonus, il problema sono i meccanismi di cessione. Chi li ha disegnati senza discrimine o discernimento? Sono loro i colpevoli di questa situazione per cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti”. Per risolvere questo problema sarebbe necessaria una riforma che al momento è impossibile fare.

Riforma sulle pensioni

Draghi aveva in mente una nuova riforma sulle pensioni “che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema contributivo”. Ora che non è più al governo si tornerà alla Legge Fornero dato che Quota 102 terminerà a dicembre.

Le riforme scolastiche

Anche la scuola subirà gli effetti della crisi di governo. Come riporta il Corriere della Sera la riforma del reclutamento degli insegnanti potrebbe rimanere nel limbo. Malgrado l’approvazione, per entrare in vigore necessita di ben 14 decreti attuativi. Incerte anche le sorti della riforma dei tecnici e dei professionali e di quella dell’orientamento. Un altro problema è sempre relativo al PNRR. Nel caso in cui non dovessimo ricevere le altre due rate dall’UE, tutte le risorse stanziate per il mondo dell’istruzione svanirebbero.