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Disastro del Vajont: cosa accadde nel 1963

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La diga che diede il via al disastro del Vajont provocò la morte di duemila persone in soli 4 minuti: ecco cosa accadde il 9 ottobre del 1963

Erano le 22:39 quando il Monte Toc, dietro la diga del Vajont, crollò all’improvviso nel lago sottostante, troppo pieno. 260 milioni di metri cubi di roccia si staccarono tutti insieme, come sei volte più della Valtellina. Cascando sollevarono un’onda di 50 milioni di metri cubi. Di questi 50 milioni una parte si abbatté sul versante opposto investendo Erto e Casso. L’altra, insieme a rocce, tronchi e resti di edifici spazzati via, scavalcò la diga per giungere su Longarone, in provincia di Belluno.

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25 milioni di metri cubi e un’onda d’acqua e fango di oltre 200 metri che uccise quasi 2000 persone. 467 di loro erano bambini. Molti corpi non furono mai ritrovati. Furono sufficienti 4 minuti perché venissero rase al suolo non solo Longarone, ma anche Pirago, Rivalta, Villanova e Maè. Sulle sponde del lago del Vajont furono distrutti anche i borghi di Fasègn, Le Spesse, Pineda, Il Cristo, Ceva, Prada, Marzana, San Martino, Faè e la parte bassa di Erto. L’elenco è purtroppo lungo e comprende anche altri comuni danneggiati. La storia della diga del Vajont, iniziata 7 anni prima, si concluse in soli 4 minuti di apocalisse. Con il sacrifico tremendo di 2000 vittime, una devastazione completa.

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Vajont: 2000 morti in soli 4 minuti

Nel momento in cui l’acqua cominciò a uscire dalla gola del Vajont per riversarsi su Longarone, la potenza era ormai pari a quella di due bombe atomiche. Chi è sopravvissuto a quella notte, ricorda un vento umido e un rumore che non si riesce a descrivere a parole. Era iniziato come un giorno qualunque, una bella giornata di inizio autunno. Ma poi il disastro ha cancellato, distrutto e sconvolto intere famiglie. Guardando le foto e i video, ascoltando le voci di chi si è salvato, i commenti vengono meno. Perché di Longarone rimane molto poco: solo il campanile, qualche albero e i binari. Case, scuole e aziende sono tutte scomparse, inghiottite, sepolte o polverizzate. Come i 2000 e nomi delle persone che hanno perso la vita.

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La diga costruita dalla Società Adriatica di Elettricità è fra le poche cose rimaste uguali. Non è crollata, ma è rimasta ben salda al suo posto, solo la sommità è stata danneggiata. Quella diga destava già preoccupazione, era stata oggetto di segnalazioni e denunce. Con la montagna che ormai scivolava pian piano, le scosse e i boati che facevano paura, nonostante fosse ormai un’abitudine per chi ci lavorava o viveva. Tante sono state le promesse non mantenute fino a quel fatidico 9 ottobre del 1963, iniziato con una mattina tersa e soleggiata. Quello fu l’ultimo giorno per molti, finito con un muro d’acqua, che passò in poco tempo da 70 metri di altezza a 30, ma con una forza assassina inesorabile.