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Dolore al funerale di Giada De Filippo

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Grande partecipazione alla cerimonia funebre tenutasi nel paese d'origine della giovane studentessa.

Giovedì si sono svolti i funerali di Giada De Filippo a Rocca Pipirozzi, una frazione di Sesto Campano in provincia di Isernia. La storia di Giada ha lasciato sgomento il paese. La giovane si è lanciata dal tetto della Facoltà di Scienze Naturali dell’Università Federico II. Quel giorno doveva laurearsi: così aveva raccontato a parenti e amici. La studentessa era iscritta alla Facoltà di Farmacia ma non aveva dato esami; nell’ultimo anno non aveva neanche rinnovato l’iscrizione. Forse perché presa da un grande sentimento di vergogna, si è suicidata.

La cerimonia funebre

A Rocca Pipirozzi, il paese di origine di Giada, è stato proclamato il lutto cittadino. La chiesa è gremita di persone, tutte giunte per dare un ultimo saluto alla ragazza. Nel triste giorno, tutto il paese si è fermato per seguire il corteo funebre. Giada è stata vestita da sposa e la bara bianca viene trasportata fino alla chiesa di Sant’Eustachio Martire. I suoi amici più cari hanno scritto una lettera per lei: “Eri più avanti di tutti, il tuo non è stato un gesto dettato dalla paura, ma di protesta contro una società che ci vuole tutti perfetti e invincibili” hanno detto i suoi amici durante la cerimonia. Tutti hanno condiviso il dolore della madre Liliana, composta ma affranta, del padre Sandro, del fratello Francesco e del fidanzato Pierluigi, che l’aveva vista cadere dall’edificio. Il padre, un maresciallo in pensione, è disperato, perché si colpevolizza di non essere riuscito a cogliere nella figlia qualche segnale dei suoi propositi suicidi. Nessuno aveva mai colto in lei segni di tormento.

Il ricordo della cugina

La cugina di Giada, Luana De Filippo, aveva ricordato il loro rapporto con un post su Facebook. Le due cugine era legate da una forte amicizia, piena di complicità. Le due ragazze avevano una grande intesa: “Così diverse eppure così tanto unite. Era un rapporto strano il nostro, diverso. Talmente strano che neanche gli altri riuscivano a capirci e ci davano delle matte. Dicevamo di ‘sfruttarci’ a vicenda e nessuno capiva il vero significato. Vivevamo in simbiosi: un tuo pensiero era il mio, e viceversa. Ci capivamo con uno sguardo e ci assecondavamo in tutto”. E aggiunge: “Prevedevi le mie scelte e sapevi anche dirmi a cosa mi avrebbero portato e mi lasciavi comunque libera di agire come meglio credevo, tanto poi sapevi che saresti dovuta intervenire tu a riparare i danni (…). Sul telefono avevi il mio numero salvato con scritto Pollon e mi cantavi la canzone ‘Pollon, Pollon combina guai’. Perché io ero davvero un gran casino e tu la mia mamma chioccia- e conclude- Ora dovrai essere il mio Angelo, perché io mica ho smesso di fare casini, sai? E tu dovrai ancora rimproverarmi e dirmi ‘Te l’avevo detto’. Il nostro non sarà mai un addio. Non credo che riuscirò mai ad abituarmi all’idea di non sentire più il mio nome associato al tuo”.