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Donna molestata, aguzzino le chiedeva: "Sei lusingata?"

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Il racconto di una donna vittima di violenza sessuale sul lavoro: la sua denuncia e la battaglia legale che sta ancora conducendo con il avvocato.

Violenza sulle donne sui luoghi di lavoro. La donna molestata in questo caso è Lara Rosai, oggi 45 anni, di Firenze, la quale ha deciso di raccontare la sua drammatica esperienza. L’assurdo era che il suo aguzzino, che poi era il suo capo ufficio, si sorprendesse che le proprie avances sessuali – con il tempo sempre più volgari – non la lusingassero.

Il racconto

Le proposte sessuali nei confronti di Lara iniziarono nel 2009, quando già da tre anni lavorava come impiegata amministrativa in quella ditta di sverniciature di cui il violentatore era titolare.

Lara Rosai

Ma fin dall’inizio quell’uomo aveva con lei “un atteggiamento impositivo”, ha raccontato la donna. Gli disse che non era interessata alle sue proposte e lui appunto si stupì. Fin da subito l’impiegata pensò che avrebbe dovuto trovare un altro lavoro, ma inviava un sacco di curriculum, tutte le volte senza successo. “E a un certo punto finisci quasi per assuefarti, lo prendi come una cosa normale”, ha ammesso Lara.

Poi lui diventò più esplicito, spiegandole che gli sarebbe “piaciuto”, che lei diventasse la sua amante: già, l’uomo era pure sposato, ma le rivelò di aver pensato a lei la notte precedente, mentre aveva rapporti con la moglie.

A quel punto le sue avances diventarono sempre più insistenti, con fischi quando Lara si girava e persino palpate al fondo schiena. Poi la scusa classica: “Scherzo”. Certo, però, lei non gli aveva creduto, e ebbe la conferma di aver ragione un giorno in cui dovette chinarsi a prendere dei faldoni in ufficio e l’uomo le si parò davanti mimando un atto sessuale.

Lara non riusciva a confidarsi per timore di non venire creduta, ma ha raccontato che, in quel periodo, piangeva ogni volta che sentiva suonare la sveglia al mattino.

I malesseri fisici e i primi aiuti

In seguito il datore di lavoro spinse la dipendente contro il muro e riuscì a baciarla. Qualche settimana più tardi, la vittima iniziò a somatizzare quanto accaduto, avvertendo formicolii in tutto il corpo, le orecchie che fischiavano e la tachicardia.

Allora il padre l’accompagnò preso il sindacato della Cgil per chiedere aiuto, e l’organizzazione per i lavoratori la mise in contatto con un’avvocata: Marina Capponi. La professionista, per prima cosa, inviò Lara ad un centro avanzato di medicina del lavoro, che si trovava a Pisa: lì diagnosticarono alla donna un disturbo da stress collegato al lavoro.

La battaglia legale

Successivamente Lara, con l’aiuto della sua avvocata, fece un esposto alla magistratura con l’accusa di violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Intanto le due donne inviarono una lettera al titolare della ditta per protestare contro le molestie, e in tutta risposta l’impiegata venne licenziata, senza nemmeno sentire cos’avessero da dire lei e la legale.

Giudice

La decisione del licenziamento venne impugnata in sede civile e nel 2012 il giudice del lavoro condannò l’ex capo ufficio della donna al risarcimento di 70 mila euro, come confermato in appello.

Parallelamente si svolse il processo penale, che portò alla condanna del molestatore di Lara a 2 anni e 8 mesi per violenza sessuale attenuata. Una grande vittoria per la donna, soprattutto vedendo la reazione dell’uomo in aula: “Senza parole e viola in volto”.

Il processo di secondo grado

La vicenda, tuttavia, non è ancora conclusa. Lara e la sua legale l’hanno avuta vinta solo per aver querelato l’uomo per maltrattamenti: in questo caso, infatti, si può sporgere denuncia anche ad oltre sei mesi dal fatto, a differenza da quella specifica per violenza sessuale, ma dall’accusa di maltrattamenti l’ex datore di lavoro della donna è stato assolto. Da qui l’intenzione di far intentare contro di lui un processo di secondo grado.

La massima

Il problema è, com’è noto, che generalmente le donne vittime di violenza sessuale abbiano paura o si vergognino di denunciare: magari lo fanno in ritardo, così i responsabili rischiano di rimanere impuniti e le vittime di non avere giustizia.