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Caso doping, sotto accusa Magnini: procura indaga ma gip smentisce

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La procura indaga e accusa il nuotatore, ma per il Gip non esiste alcuna prova che testimoni che Magnini abbia assunto quelle sostanze dopanti.

Filippo Magnini , il campione azzurro di nuoto, sarebbe stato intercettato e pedinato perché era il presunto destinatario di prodotti dopanti.

Nei documenti forniti dalla procura di Pesaro si legge che nel giugno del 2016 lo sportivo era “destinatario di sostanze provenienti dalla Cina, con principio attivo della pralmorelina un ormone della crescita” e che “La sostanza anzidetta procurata per l’atleta Magnini Filippo che aveva in corso la preparazione per le gare olimpiche nell’anno 2016”. Le sostanze dopanti appena giunte nei locali delle Poste e nell’aeroporto di Milano-Malpensa sarebbero state sequestrate.

Molto strano, anche perché Filippo è il testimonial di “I am doping free”, un progetto che si batte contro il doping.

L’ indagine nasce e si sviluppa da una inchiesta su un traffico di sostanze dopanti precedente. Infatti alcune sostane furono rinvenute a marzo 2015 al Fisioradi, un centro di fisioterapia dove gli inquirenti hanno ricostruito le amicizie del titolare del centro. Tra le amicizie ci sarebbe anche Guido Porcellini, il medico nutrizionista dell’olimpionico, che è poi stato condannato a 3 anni di reclusione per traffico di cocaina. Il lavoro dei Pm ha stabilito inoltre che a novembre 2015 Magnini avrebbe presentato proprio al suo nutrizionista un altro nuotatore Michele Santucci.

La procura indaga e accusa il nuotatore, ma per il Gip non esiste alcuna prova che testimoni che abbia assunto quelle sostanze. Infatti chiarisce affermando che le sostanze di cui si parla “non contenevano la molecola della somatropina”.

Viene chiesta una misura interdittiva che viene però rigettata dal giudice perché “i risultati degli esami mettono in dubbio le accuse” e “negli altri casi non si hanno a disposizione i prodotti ma solo un enorme materiale intercettivo di non agevole e univoca interpretazione”.

L’inchiesta si sarebbe conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio di Porcellini per “commercio di prodotti dopanti, falso, ricettazione e somministrazione di medicinali guasti”. Quindi Magnini non avrebbe commesso reati, ma potrà essere ascoltato come testimone dell’accusa.