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Deficit, Bruxelles prepara la procedura d'infrazione

Bruxelles procedura di infrazione

"Sono le scelte politiche del governo ad aver contribuito a questo rallentamento del Pil con un effetto negativo su fiducia e accesso al credito".

A Bruxelles è tutto pronto per inviare all’Italia la valutazione tecnica redatta dalla Commissione europea sul contenimento del debito italiano in risposta alla lettera scritta dal Mef e dal suo ministro, Giovanni Tria. Secondo indiscrezioni riportate da Repubblica, tutto si risolverebbe in un testo di poco più di venti pagine con cui l’Unione smonta le politiche economiche del governo gialloverde e avvia la tanto temuta procedura d’infrazione per debito. Il documento, di cui il quotidiano cita una bozza, verrà reso pubblico al termine del vertice settimanale della Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker.

Verso la procedura d’infrazione

Spetta alla Commissione raccomandare l’apertura di una procedura d’infrazione per poi passare la palla ai governi, che sceglieranno se dare il via libera o chiedere un negoziato con Roma alla ricerca di una soluzione. L’ultima parola spetterà ai ministri dell’Unione, il 9 luglio. L’Italia potrebbe quindi essere costretta a un rigido programma di risanamento dei conti, della durata di almeno cinque anni, sotto la minaccia di sanzioni. Nel caso di un negoziato, invece, il governo dovrà varare una manovra bis del valore di 3-4 miliardi e impegnarsi a risanare il deficit per lo 0,6% del Pil.

Il deficit italiano

Il deficit italiano è divenuto insostenibile, scrive la Commissione, e pesa per 38.400 euro su ogni cittadino, oltre ai circa mille euro annui per persona necessari per finanziarlo. Una situazione che non è migliorata ma, al contrario, si è acuita a partire dall’insediamento del governo gialloverde: “Da metà 2018 lo spread è aumentato di 100 punti in sei mesi, con un costo di 2,2 miliardi per i cittadini. Il suo ammontare impedisce all’Italia di stabilizzare l’economia in caso di crisi finanziarie e pesa sugli standard di vita delle future generazioni“. L’economia è messa ulteriormente a rischio dal finanziamento in deficit dei provvedimenti del governo Conte: “L’assenza di politiche di bilancio prudenti espone il Paese a shock di fiducia sui mercati, con un impatto negativo sull’economia reale e sulla crescita”.

I numeri parlano chiaro. L’Italia non rientra in nessuno dei parametri richiesti dall’Europa. Nel biennio 2018-2019, il Paese ha sforato di 11 miliardi i limiti posti sul deficit, andando incontro a un 3,5% per il 2020, in netto contrasto con quanto previsto dal trattato di Maastricht. Il debito pubblico, che nel 2018 era al 132,2% del Pil, è salito a 133,7% nel 2019 e si prevede toccherà qua 135,2% l’anno successivo.

Le responsabilità del governo

A nulla sono servite le giustificazioni prodotte dal ministro Tria nella lettera del Mef. La minor crescita economica nel 2018, descritta dal governo come la causa dello sforamento, “è una spiegazione che mitiga solo in piccola parte la mancata riduzione del debito. Inoltre, sono le scelte politiche del governo ad aver contribuito a questo rallentamento del Pil con un effetto negativo su fiducia e accesso al credito”. Tra le scelte dell’esecutivo che Bruxelles giudica più nocive per i conti pubblici c’è quota 100: “Cancella in parte gli effetti positivi delle riforme delle pensioni e indebolisce la sostenibilità del bilancio italiano nel lungo termine. Fa salire la spesa pensionistica, togliendo risorse a investimenti e istruzione. Danneggia la forza lavoro e la crescita potenziale. Invece sarebbe stato importante rilanciare lo sforzo riformatore per migliorare le prospettive di crescita e aumentare la sostenibilità di bilancio”.