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Quanto costa allo Stato la nazionalizzazione dell'Ilva?

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Dall'acquisizione alla modernizzazione degli impianti: sono tante le spese a cui lo Stato dovrebbe far fronte in caso di nazionalizzazione dell'Ilva.

Si torna a parlare di nazionalizzazione, questa volta a proposito dell’ex Ilva di Taranto. Il ritiro di ArcelorMittal dall’industria dell’acciaio più grande d’Italia pone l’enorme problema per il governo di trovare un compromesso tra le richieste del colosso indiano, i bisogni degli oltre diecimila lavoratori che rischiano di perdere il posto e le necessità ambientali. La soluzione ipotizzata dal premier Giuseppe Conte in queste giornate delicate e scandite da vertici a Palazzo Chigi, incontri con i sindacati e colloqui al Colle, ricorda in parte quanto già accaduto con Alitalia e sono in molti a temere che la nazionalizzazione comporterà, per i contribuenti, gli stessi elevatissimi costi.

Ilva, i costi della nazionalizzazione

Comprare lo stabilimento (che fino a prima del ritiro era solo in affitto ad ArcelorMittal, in attesa dell’effettiva acquisizione) costerebbe allo Stato italiano quattro miliardi e duecento milioni di euro, secondo stime riportate da La Stampa. Tanto è il denaro necessario non solo alla compravendita ma anche all’adeguamento degli impianti alle normative vigenti in materia ambientale. Era il 9 luglio 1960 quando una cifra assai simile (quattrocento miliardi di vecchie lire) è stata spesa per costruire l’impianto, nel pieno del boom economico. Ma non finisce qui. Se anche il salvataggio dell’Ilva andasse a buon fine, infatti, dopo la nazionalizzazione lo Stato dovrebbe assicurarsi che la produzione dell’impianto sia in grado – per quantità e qualità – di competere con la Cina e di superare l’ostacolo dei dazi imposti da Donald Trump.

L’ipotesi chiusura

Ma neppure la chiusura dello stabilimento di Taranto è senza conseguenze, che sono state analizzate dall’istituto Svimez. È di -3,5 miliardi l’impatto previsto sull’economia italiana, pari allo 0,2% del Pil. Di questi, 2,6 miliardi ricadrebbero sulla sola regione Puglia. Ma è l’intero Paese che rischia di perdere 2,2, miliardi in esportazioni all’estero, oltre a un -1,4 miliardi di consumi per le famiglie e alla ricaduta su 15 mila lavoratori. Senza contare che, in caso di stop della produzione, verrebbero meno tutte quelle operazioni di bonifica previsti dal contratto stipulato con ArcelorMittal.