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Coronavirus, la nuova spesa degli italiani: l'eccesso del comfort food

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Com'è cambiata la spesa degli italiani ai tempi del coronavirus? Boom di consumi per farina e burro, gli esperti: "Attenzione ai rischi".

Gli italiani e la spesa durante il coronavirus. Dai dati Nielsen emerge l’aumento d’acquisto di latte, tonno in scatola, farina e burro. Si attiva l’alleanza salva spesa “Made in Italy” per garantire la regolarità delle forniture alimentari.

La nuova spesa italiana

Alla fine di questo lungo periodo di quarantena che ci si prospetta davanti, molti di noi saranno provetti chef. Una notizia che potrebbe spaventare qualcuno, è che prenderemo tutti dai due ai quattro chili. Ma cucinare aiuterà molti connazionali a mantenere l’equilibrio mentale durante questo periodo forzato di convivenza. Gli italiani sono da sempre in ottimi rapporti con la cucina, cosa che le immagini sui social che circolano ormai da settimane dimostrano, Instagram e Skype in primi. Sessanta milioni d’italiani mangiano ormai a casa, cosa che ha sconvolto completamente le normali abitudini a cui eravamo abituati, azzerando per ora il fatturato di bar e ristoranti. Secondo la Federazione italiana pubblici esercizi, e i dati Nielsen, nella settimana dal 9 al 15 marzo, rispetto la media del 2019 si è registrato un acquisto di pasta de 65,3%, di farina del 185,3% e di passata di pomodoro dell’82,2%.

Dati che raccontano questa quarantena, con un boom del consumo di latte e prodotti Uht (+62,2%), tonno in scatola (56,0%) – che dipingono la sindrome dell’accumulo -, guanti per casa (+362,5%), detergenti (+49,7%) e alcol (169,2%) – quest’ultimi a difesa dal virus. Cadono inevece a picco le vendite dei piatti pronti (-18%). “Stiamo affrontando un trauma collettivo e preparare da mangiare può essere un buon modo per combattere la paura e l’ansia – ha commentato Riccardo Garofalo, psicologo e psicoterapeuta torinese – La cucina lenta condivisa con i familiari: fare la pasta, la pizza, i ravioli è un buon antidoto allo stress”.

Il problema dell’eccesso di comfort

Un eccesso di cibo confortevole, però, spesso non coincide con una corretta alimentazione. A tal proposito è intervenuta Rachel Herz, neuroscienziata canadese, nel suo libro “Perché mangiamo quel che mangiamo”, in uscita in Italia per Edt: “Amiamo il comfort food perché provoca un maggiore rilascio di endorfine, l’eroina naturale che il nostro corpo produce per proteggerci dal dolore. Ma spesso il comfort food presenta un alto contenuto di zuccheri e carboidrati…”. Giorgia Rostano, nutrizionista, è intervenuta a sua volta a proposito: “Teoricamente mangiare in casa è un bene, consente di controllare la qualità della materia prima, di evitare i cibi pronti. Ma stando in casa ci si annoia e si attiva una fame nervosa compensativa, quella che ci fa andare in cerca di uno snack, di un pacchetto di cracker, di un pezzo di cioccolato”. Il cioccolato che, si sa, contiene fenilalanina, che ha il ruolo di produrre dopamina, neurotrasmettitore di piacere e ricompensa. “Credo che senza un’adeguata consapevolezza, sarà facile – conclude Rostagno – aumentare dai due ai quattro chili. Inoltre la mancanza di attività fisica farà sì che produrremo meno endorfine. Meno endorfine, meno antidepressivi naturali, più fame nervosa”. Una mancanza, quella dell’attività fisica, dannosa due volte, sia per i muscoli che per la volontà. Sempre la Herz si è così espressa: “L’esercizio fisico migliora le funzioni esecutive, come le decisioni, l’attenzione, la risoluzione dei problemi… tutte attività che hanno un ruolo anche nella capacità di resistere ai biscotti. L’esercizio non riesce a controbilanciare che in parte le calorie del vostro veleno preferito, ma tanto per incominciare potrebbe darvi una mano a non cedere”. Cadute anche nell’alcol, cui i dati diffusi da Winelivery – che fa distribuzione d’alcolici -, nei primi 18 giorni ha ricevuto un boom di consegne del 240% a Roma, 230% a Milano e 220% a Bergamo . Oggi servono alternative a questo tipo di attività, come meditazione o self-help on-line.