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Coronavirus, industria vinicola in crisi: "Ci rimandano indietro perfino i prodotti già acquistati"

Industria vinicola

L'emergenza Coronavirus colpisce anche l'industria vinicola: una crisi che provoca un danno, calcolato solo per il Veneto, di 50 milioni di euro al mese secondo Coldiretti.

È stata zona rossa prima che lo diventasse tutta Italia: Vò Euganeo è stato uno dei primi focolai che ha subito le restrizioni poi estese in tutto il paese ed ha sperimentato la crisi economica con la sospensione e, perfino, la chiusura delle attività commerciali.

Coronavirus, industria vinicola in crisi

In provincia di Padova, sui Colli Euganei, una delle eccellenze è sicuramente l’industria vinicola che, prima dell’esplosione del contagio da Covid-19, era in forte crescita. Un settore, oggi, in ginocchio perché insieme alle limitazioni agli spostamenti delle persone, la paura ha diminuito anche ordinativi e prenotazioni di merci, contagiate dall’effetto Coronavirus. Una crisi che provoca un danno, calcolato solo per il Veneto, di 50 milioni di euro al mese secondo Coldiretti.

E così migliaia di bottiglie sono rimaste in cantina, totalmente invendute, spedizioni sono tornate indietro e botti sono ancora piene di Serprino, Fior d’arancio, i vini di pregio di questa zona vulcanica e a vocazione vinicola. “Quando si passa dalle botti alle bottiglie non c’è alcun rischio perché lavoriamo in assenza di ossigeno. Non c’è alcun rischio, capisci?”, ripetono i produttori della zona.

Sono stato nelle settimane scorse a Cinto Euganeo e nelle zone limitrofe per realizzare un racconto per Piazzapulita. È un comparto piegato. I clienti non si vedono, i privati non possono uscire, gli ordinativi sono bloccati, la produzione è ferma perché i corrieri, in quei giorni da zona rossa, non sono proprio andati visto che il c.a.p. era lo stesso di Vò Euganeo e successivamente hanno lavorato a rilento.

Nelle prime due settimane, quando c’era una zona rossa limitata, gli agriturismi, le aziende vinicole non hanno battuto uno scontrino o poco più. A fronte di incassi, nello stesso periodo, di 3 o 4 mila euro, i piccoli imprenditori hanno portato a casa massimo qualche centinaia di euro. Uno sprofondo.

Il settore è strettamente collegato a quello termale. La zona è vicina ad Abano Terme. “Sono 11 mila dipendenti degli alberghi e sono tutti a casa – racconta Stefano, produttore di vini – noi abbiamo continuato a lavorare, ma pochissimo fino al blocco totale deciso, giustamente, dal governo”.

Ora si cerca con le consegne gratuite e, perfino, con le fattorie didattiche online, restando a casa ma pensando al futuro. Il problema è come si risolleva questo come altri settori del made in Italy.

“Avevo un ricevimento prenotato – racconta Valentina, titolare di un agriturismo – previsto il prossimo 30 maggio, è stato annullato così come tanti altri eventi. Hanno paura e io non sono nessuno per dire che andrà tutto bene. C’è addirittura chi rimanda indietro i prodotti, i vini”.

Da qui è iniziata la crisi di un settore che insieme agli altri aspetta di immaginarsi un futuro. “Ogni tanto – conclude Valentina – mi sveglio la mattina e penso a quanto ho investito in questo posto. Mi dico con mio marito, ma chi me l’ha fatto fare?”.

Uscirne significa restare a casa, sostenere medici e infermieri e lavorare ad un deciso piano di sostegno alla piccola imprenditoria che tradotto sono posti di lavoro e futuro del paese.