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Covid-19: l'importanza di essere presenti sul web per il business delle PMI

Covid, l'importanza della presenza sul web per le PMI

Per le piccole e medie imprese la situazione di emergenza provocata dal coronavirus ha reso ancora più essenziale per il proprio business una buona presenza sul web: l'opinione di MondoInWeb.

Per le piccole e medie imprese la situazione di emergenza provocata dal coronavirus ha reso ancora più evidenti l’importanza e la necessità di una presenza sul web. Ne abbiamo parlato con i professionisti di MondoInWeb, web agency Roma, che da sempre assistono gli imprenditori nella realizzazione e promozione di siti web per le PMI. Le imprese del nostro Paese non possono fare a meno di impegnarsi per recuperare in tempi rapidi il ritardo di cui soffrono nel confronto con la concorrenza straniera; in caso contrario il pericolo è quello di restare al di fuori del mercato. Il campanello di allarme è già suonato, e forse non è ancora troppo tardi per invertire la rotta.

Una sfida aperta

Si è perso terreno, insomma, ma è ancora possibile recuperarlo, magari accantonando i metodi di un tempo per entrare in un mercato trasparente e aperto in cui sia possibile procurarsi clienti e proporre prodotti. La competizione non assistita, la ricerca e le capacità sono le soluzioni da privilegiare. Nel frattempo i consumatori si sono abituati a fare shopping online e a pagare usando gli strumenti digitali: è improbabile che possano tornare sui propri passi e tornare al passato con esperienze di acquisto tradizionali. Ecco spiegato il motivo per il quale anche al termine dell’emergenza si verificherà un notevole incremento del commercio elettronico.

Come cambiano i consumi domestici

La quarantena forzata ha determinato un vero e proprio boom degli acquisti online, da cui deriverà un evidente cambiamento dei consumi domestici: le piccole e medie imprese italiane non potranno fare a meno di impegnarsi per recuperare il gap con i competitor stranieri. Il problema è che al momento le PMI italiane devono fare i conti con un consistente ritardo digitale: basti pensare che solo 1 su 7 ha un fatturato online che si può ritenere significativo, e addirittura i due terzi non sono neppure digitalizzate.

Lo smart working

Anche nei mesi del Covid-19, però, la vita continua e la maggior parte delle attività prosegue da remoto. Tutto avviene grazie a Internet, con circa 8 milioni e mezzo di persone che nel nostro Paese hanno continuato a lavorare grazie allo smart working. Addirittura Giuseppe Conte, capo del governo, è arrivato a suggerire che nel novero dei diritti costituzionali imprescindibili per le persone rientri anche il diritto a Internet. Si tratta, ovviamente, di una boutade, a meno che non si allarghi la visione e si lotti anche per un diritto alla macchina o un diritto allo smartphone.

I benefici offerti dalla Rete

Ciò non toglie che Internet sia uno strumento molto prezioso, in grado di arrecare benefici consistenti allo scenario economico nel caso in cui venga adoperato come necessario. Insomma, mentre molti negozi sono chiusi, un messaggio che questa pandemia dovrebbe farci cogliere è che la Rete rappresenta una risorsa di cui non si può fare a meno se si vuol essere competitivi: le PMI hanno bisogno del digitale per aumentare e migliorare la propria visibilità. Le micro-imprese, cioè quelle con non più di 9 dipendenti, rappresentano oltre il 90% del totale delle imprese del nostro Paese, che in base ai dati Istat sono oltre 4 milioni e mezzo.

La condizione di bassa digitalizzazione

Il problema è che più o meno 3 milioni e mezzo di imprese, pari all’80% del totale, devono fare i conti con un profilo di bassa digitalizzazione, e cioè con una presenza sul web limitata (se non addirittura nulla) e una modesta competenza sul piano tecnologico. Poco meno del 16% delle aziende, d’altro canto, si serve delle tecnologie per un impiego rivolto soprattutto al web. Meno del 5% del complesso, però, si contraddistingue per un alto grado di digitalizzazione. In questa cerchia rientrano quasi tutti gli addetti con skill di livello elevato: i lavoratori che vengono premiati dal punto di vista salariale, dunque, soprattutto dalle imprese che investono di più in dotazioni tecnologiche.

Le prospettive per il futuro

Per ciò che riguarda le piccole e medie imprese, tuttavia, lo scenario non lascia spazio a molte speranze, se è vero che appena un terzo delle PMI dispone di un sito web, e più o meno la stessa percentuale possiede una pagina sui social network. Va detto che le aziende più piccole stanno mettendo in evidenza un interesse sempre più elevato nei confronti delle potenzialità che il digitale può offrire, ma in tanti casi si tratta di un iter che deve ancora cominciare. Le realtà minori, per altro, devono far fronte a molteplici difficoltà, anche a causa della mancanza di consapevolezza a proposito delle decisioni da adottare: qual è il miglior fornitore di siti web a cui ci si può affidare? Quali sono le piattaforme di social network che conviene impiegare? E così via.

Il processo di digitalizzazione

Gli step da affrontare nel corso di un processo di digitalizzazione non sono pochi: si tratta di conoscerli e di imparare a gestirli per aumentare e migliorare la propria visibilità in Rete. Dalla scelta del dominio alla gestione degli aspetti relativi alla sicurezza di un sito web, in pochi passi si può intraprendere un viaggio digitale, possibilmente con il sostegno di una web agency. Si inizia con la registrazione di un dominio, che non è altro che l’indirizzo che gli utenti devono digitare nei browser quando desiderano raggiungere un certo sito Internet. Il consiglio è quello di puntare su un dominio che possa essere memorizzato con facilità e che sia coerente con l’attività economica che si svolge.

Che cosa fare dopo la scelta del dominio

Una volta che è stato selezionato il dominio, arriva il momento di configurare un account di posta elettronica aziendale. Il dominio può essere usato come estensione, ovviamente. Dopodiché ci si deve preoccupare della propria presenza sui social network: nel caso in cui su un social media sia già presente una pagina professionale, attraverso un servizio di reindirizzamento la si può collegare con il dominio personale che si è registrato, così che il numero di visite possa essere incrementato.

L’approccio da seguire

Molti imprenditori avrebbero bisogno di sottoporsi a un processo di educazione digitale. Il loro approccio, in tanti casi, è sbagliato sin dal momento della registrazione del dominio: può accadere, per esempio, che ci si lasci convincere da una promozione vantaggiosa per il primo anno senza pensare che negli anni seguenti poi i costi diventeranno più alti. Un altro fattore a cui non sempre viene riservata la dovuta attenzione è quello che riguarda l’esigenza di dare vita a un backup sicuro. Non vanno dimenticate, poi, le funzioni collaborative come i calendari e i contatti condivisi. Le competenze devono essere specifiche, ma questa è un’altra lacuna dello scenario italiano. Secondo uno studio reso noto da Confartigianato, nelle imprese che hanno meno di 100 dipendenti il livello di digitalizzazione tra i lavoratori è basso o molto basso in 4 casi su 5.

Come iniziare

Una pagina Facebook può essere un buon punto di partenza nel caso in cui si ritenga di non avere abbastanza tempo da dedicare a un sito web. L’importante è fare in modo che questa pagina risulti professionale, e a tale scopo conviene servirsi di un reindirizzamento dal dominio. Va detto, comunque, che oggi per dare vita a un sito basilare non c’è bisogno di web designer costosi né occorrono competenze specialistiche. Si tratta solo di individuare il professionista giusto e affidarsi ad una web agency competente.

Il migliore spirito imprenditoriale

Lo spirito imprenditoriale più adeguato è quello di chi è consapevole di trovarsi di fronte a una sfida molto importante. Essere alle prime armi non è per forza uno svantaggio, se si adotta il giusto approcci: per esempio comprendendo che gli e-commerce hanno potenzialità che meritano di essere sfruttate. La media Ue delle piccole e medie imprese che vendono online è pari al 17%, mentre in Italia questo dato scende al 10%: vuol dire che i margini di miglioramento sono ancora molto ampi.