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Lo studio Uil sulla riforma pensioni 2020: "Serve quota 41"

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Secondo uno studio della Uil per affrontare al meglio la crisi da Coronavirus è necessaria una riforma delle pensioni 2020 con quota 41.

Il Coronavirus cambia le priorità ed è per questo che uno studio della Uil auspica, da parte del Governo Conte, una riforma delle pensioni entro la fine del 2020 con l’introduzione della Quota 41. La paura è che la pandemia sanitaria possa comportare una grave perdita di posti di lavoro per soggetti in età avanzata. E tra le principali proposte si segnala l’uscita anticipata a 62 anni di età, a prescindere dai contributi versati.

Come noto, dal primo gennaio 2019 la cosiddetta ‘pensione anticipata’ si acquisisce in presenza di un minimo di 42 anni e 10 mesi di contribuzione (41 anni e 10 mesi per le donne). Un requisito che non potrà essere variato fino al nuovo aggiornamento demografico che avverrà nel 2026.

Riforma pensioni 2020 e quota 41

Ma cosa prevederebbe la riforma delle pensioni fortemente auspicata dallo studio della Uil? Anzitutto l’uscita intorno ai 62 anni che garantirebbe una maggiore flessibilità e porrebbe l’Italia al pari degli altri Paesi Ue per quanto concerne il sistema previdenziale. Inoltre, l’uscita anticipata consentirebbe di garantire una maggiore tutela alle persone che saranno espulse dal mercato del lavoro a causa delle conseguenze economiche della pandemia. Al momento, l’unica certezza è però quota 100 fino al 2021 quando finirà il triennio di sperimentazione.

Quota 41

Tra le idee per la riforma delle pensioni c’è quella di introdurre la cosiddetta “Quota 41”, ovvero mandare in pensione tutti coloro i quali abbiano 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica. Ma adottare questa nuova riforma delle pensioni potrebbe costare, alle casse dello Stato Italiano, ben 12 miliardi in più l’anno.

La quattordicesima

Inoltre, sempre secondo quanto sostenuto dallo studio Uil per la riforma delle pensioni, sarebbe necessario prevedere una misura a favore di chi è già in pensione. Come? Estendendo il beneficio della quattordicesima a quelle fino a 1.500 euro mensili (oggi 13.338 euro). Ciò porterebbe a un adeguamento del 60% degli assegni previdenziali che oggi sono sotto i 750 euro mensili.

Opzione donna

Per quanto concerne l’opzione donna, invece, le idee della Uil sarebbero queste: uscita a 58 anni (59 per le autonome) e 35 anni di contributi. I requisiti dovevano essere raggiunti entro il 31 dicembre 2019. Anche qui, come per quota 100, è prevista la finestra: 12 mesi per le dipendenti e 18 per le autonome.

La misura, introdotta per la prima volta dalla legge Maroni del 2004, è stata più volte riproposta e la legge di Bilancio per il 2020 ne ha allungato la scadenza di un ulteriore anno. Nel 2021, invece, potranno lasciare il lavoro in anticipo le donne nate entro il 31 dicembre del 1961 (31 dicembre del 1960 per le autonome) con 35 anni di contributi entro il 31 dicembre del 2020. Ma con una perdita sull’assegno previdenziale del 30% del valore.

Ape Sociale

Anche l’Ape Sociale potrebbe essere coinvolta nella riforma pensioni studiata dalla Uil. A oggi si può andare in pensione con 63 anni e 30 anni di contributi. La misura, che era in scadenza il 31 dicembre del 2019, è stata prorogata di un anno: sarà ancora possibile utilizzare lo strumento per chi matura i requisiti dal primo gennaio al 31 dicembre 2020.

L’Ape sociale prevede l’erogazione di un importo dello stesso valore della pensione maturata fino al momento della richiesta da parte del lavoratore. L’assegno non supera i 1.500 euro mensili e viene erogato per 12 mensilità fino all’età pensionabile (67 anni).

Riforma pensioni 2020 per i lavori

Ci sono poi le tre categorie di tipologia di lavori da prendere in esame per la riforma delle pensioni auspicata dalla Uil.

Lavori usuranti

Per quanto concerne questa tipologia, si dividono in faticoso e pesante con attività notturna per almeno 78 giorni l’anno. Si parla, nello specifico, di quota 97,6 per chi ha 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi. Poi c’è l’attività notturna da 64 a 71 giorni all’anno: in questo caso si parla di quota 99,6 con almeno 63 anni e 7 mesi e 35 di contributi. L’importo della pensione non deve essere inferiore a 1,2 volte il valore dell’assegno sociale.

Lavori gravosi

In questo caso chi ha iniziato a lavorare prima del 1 gennaio 1996 (con sistema di calcolo “misto”) vengono richiesti 66 anni e 7 mesi di età e 30 anni di contributi. Chi ha lavorato con il metodo di calcolo solo “contributivo” si chiede inoltre che il primo assegno dell’Inps non risulti non inferiore a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale (690 euro).

Lavoro precoce

Infine, si segnala la pensione anticipata per categorie deboli con “lavoro precoce” riservata a chi può vantare almeno un anno di contributi (derivanti da effettivo lavoro) prima dei 19 anni di età: 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica.