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Stop al blocco licenziamenti, le sei condizioni in cui sono possibili

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A partire dal 18 agosto entra in vigore lo stop al blocco dei licenziamenti, articolato in sei distinte possibilità previste nel Decreto Agosto.

Dalla giornata del 18 agosto scatta lo stop al blocco dei licenziamenti, con conseguente proroga mobile legata all’utilizzo della cassa integrazione d’emergenza. Il divieto diventa in questo modo flessibile e non più generalizzato, in modo tale che le imprese possano così licenziare i propri dipendenti a patto che lo facciano nel rispetto delle sei condizioni previste all’interno del Decreto Agosto.

Stop al blocco dei licenziamenti

La norma che descrive lo stop al blocco dei licenziamenti è contenuta all’interno dell’articolo 14 del Decreto Agosto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 agosto. Nella suddetta norma sono esplicitamente previsti tre casi in cui l’azienda può licenziare il dipendente, più altri tre che sono invece state aggiunte in via interpretativa dai primi commentatori della disposizione.

Per quanto riguarda i casi citati esplicitamente dalla norma, l’impresa può avvalersi del licenziamento in caso di cessazione definitiva dell’attività della suddetta, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale. Sarà possibile licenziare anche con l’accordo collettivo nazionale di incentivo all’esodo, concordando una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con ogni singolo dipendente, o in caso di fallimento dell’azienda, nel caso non sia previsto l’esercizio provvisorio della stessa.

Le possibilità aggiuntive

A queste si aggiungono anche le tre possibilità interpretate in base alla ratio dell’articolo 14, per cui è possibile licenziare anche al termine della fruizione di tutte le 18 settimane di cassa integrazione da parte del dipendente. Sarebbero possibili i licenziamenti anche qualora l’azienda non possa ricorrere alla sospensione dei lavoratori o alla riduzione del loro orario e anche in caso di ripresa delle procedure di licenziamento collettivo, avviate a ridosso del 23 febbraio 2020, e non riconducibili come causa alla pandemia di Covid-19.