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La patrimoniale è la cosa più di sinistra che rischia di fare il Governo Conte

patrimoniale conte gualtieri

Ventotto anni dopo, si torna a parlare di patrimoniale. Quanto è reale il timore degli italiani a rischio povertà di vedere persa una parte dei risparmi sudati tra mille fatiche?

Patrimoniale. Il termine è tornato sulla bocca di tutti, facendo rivivere antichi (non troppo felici) ricordi per la minaccia di un nuovo prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani. Un’immagine che ci riporta al luglio 1992, quando il Governo Amato fu costretto ad applicare la misura, all’epoca il 6 per mille sui capitali, già al netto delle imposte. Si riuscì così a coprire il buco di 8mila miliardi di lire per la manovra correttiva; “un male necessario” lo definì allora il premier, che risultò solo essere il preludio di una crisi economica senza precedenti che portò alla svalutazione della lira.

Ventotto anni dopo, si torna a parlarne, quando vengono presentati dai deputati Fratoianni e Orfini (appartenenti al Partito Democratico e a Liberi e Uguali) un emendamento alla manovra di Bilancio, che prevede la sostituzione dell’Imu e dell’imposta di bollo sui conti correnti e di deposito titoli con un’aliquota progressiva minima dello 0,2%. E subito è scattata la paura sui social, con il popolo italiano spaventato da una nuova tassa proposta in un periodo in cui l’economia delle singole famiglie è già duramente messa alla prova tra cassa integrazione e attività costrette allo stop in base al colore della propria regione di appartenenza.

E naturalmente nella paura cresce l’ignoranza, subito cavalcata dal populismo di alcuni leader del centrodestra, con il megafono dei ‘cinguettii’ social: da Giorgia Meloni (“Ecco la risposta alla crisi, il loro – del centrosinistra, ndr – regalo di Natale agli italiani: un furto sui conti correnti”) a Matteo Salvini, che si limita a una citazione di fantozziana memoria (“La patrimoniale è una boiata pazzesca”).

Ma ha senso un confronto tra 1992 e 2020? Quanto è reale il timore degli italiani a rischio povertà di vedere persa una parte dei risparmi sudati tra mille fatiche? Molto poco, principalmente per due fattori. In primis per la categoria che viene colpita dalla tassazione: l’emendamento prevede che il prelievo dello 0,2% sia effettuato su redditi “netti superiori a 500mila euro e fino a 1 milione di euro”, con l’aliquota che cresce allo 0,5% per i patrimoni compresi tra 1 e 5 milioni di euro, e all’1% per le ricchezze tra i 5 e i 50 milioni, raddoppiando oltre i 50 milioni. Per chi supera il miliardo, invece, si prevede un prelievo straordinario nel 2021 del 3%. Si va insomma a colpire una fetta parziale di ricchezza, che ne risentirebbe di meno. Per quanto, va detto, si tratta di una misura che – se è stato davvero dichiarato tutto al Fisco – viene a gravare su chi ha già versato una cifra superiore tra tasse e contributi.

C’è poi da capire la capacità realizzativa della misura, visto che, come già anticipato, questa ha provocato una reazione esacerbata praticamente da tutte le altre correnti politiche, compresi gli alleati di maggioranza del centrosinistra: il Movimento 5 Stelle. Difficile quindi che la Patrimoniale, così come è stata pensata, possa superare lo scoglio del voto in Aula. Dall’altro lato, però, è necessaria una riflessione: la misura funziona, secondo un principio ‘robinhoodiano’ di bilanciamento, togliendo a chi ha redditi maggiori per limitare la nuova povertà creata dalla pandemia.

I fondi andrebbero da un lato a cancellare l’Imu e l’imposta di bollo sui conti correnti bancari e sui conti di deposito titoli, con un risparmio per chi ha redditi inferiori ai 500mila euro. Dall’altro rimpinguerebbe il fondo di solidarietà Covid a supporto delle attività dei Comuni, quindi con un secondo beneficio diretto nei confronti della cittadinanza.

È davvero così un male? Forse no, ma di certo è la cosa più di sinistra che rischia di approvare il Governo Conte Bis. E non è un caso che sia stata salutata con approvazione da due esponenti così diversi del centrosinistra come Bersani e Calenda. Entrambi non guardano al passato – al “male necessario” – ma al presente, e più precisamente alla Spagna, dove il governo Sanchez ha appena approvato un’imposta dell’1% per i patrimoni superiori ai 10 milioni di euro.