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Google Walkout, la protesta mondiale contro le molestie

Google walkout contro le molestie

Migliaia di dipendenti di Google, in tutto il mondo, si sono uniti alla protesta contro lo scandalo molestie che ha investito la compagnia.

La protesta è iniziata giovedì 1 novembre alle 11.10 ora locale di ogni sede ed è già stata soprannominata come il MeToo di Google. Migliaia di dipendenti dell’azienda, in tutto il mondo, hanno interrotto il proprio turno di lavoro e sono scesi in piazza per protestare contro lo scandalo molestie che ha colpito il colosso dell’informatica. La campagna, identificata dall’hashtag #GoogleWalkout, ha raccolto un enorme consenso.

Manifestanti google

Google Walkout For Real Change

I manifestanti di Google hanno avanzato cinque richieste:

  • La fine dell’arbitrato forzato in caso di molestie e discriminazioni.
  • L’impegno a mettere fine al gender pay gap e alla differenza tra le opportunità lavorative tra due sessi.
  • Una relazione sulla trasparenza delle molestie sessuali divulgata pubblicamente.
  • Un processo chiaro, uniforme e globalmente inclusivo per denunciare gli abusi in modo sicuro e anonimo.
  • La nomina di un “funzionario delle diversità” che risponda direttamente al Ceo dell’azienda e e formuli raccomandazioni al Cda.

Le cinque richieste di Google Walkout

Google, scandalo molestie

La protesta è nata pochi giorni dopo che il New York Times ha pubblicato un’inchiesta su Andy Rubin, creatore del software mobile di Android e alto dirigente dell’azienda. Rubin è stato accusato dalle dipendenti di condotta inappropriata. Ma nonostante questo ha ricevuto dalla società una buonuscita pari a 90 milioni di dollari. Una cifra che contrasta con quanto affermato da Sundar Pichai, Ceo dell’azienda, che in una nota interna ha comunicato di aver adottato una politica “sempre più dura” contro i molestatori interni. Pichai ha inoltre dichiarato di aver licenziato, negli ultimi due anni, 48 dipendenti di cui 13 dirigenti, senza alcuna buonuscita. Tra i vertici coinvolti nello scandalo c’è anche Richard DeVaul, a capo del laboratorio di ricerca Alphabet. Ma i manifestanti affermano che “ce ne sono altre migliaia, ad ogni livello della compagnia”.

manifestanti a Dublino.jgp