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Brexit, May "È la strada giusta, non ci sarà un referendum"

Brexit, dimissioni governo May

Dopo il raggiungimento dell'accordo con l'Ue sulla Brexit, due ministri e due sottosegretari del governo britannico si sono dimessi.

Il sì all’accordo sulla Brexit ha provocato un terremoto politico a Londra. Dopo la firma dell’intesa sull’uscita dall’Unione, due ministri e due sottosegretari hanno rassegnato le dimissioni dal proprio impiego governativo. L’addio più inaspettato è stato quello di Dominic Raab, ministro della Brexit e capo negoziatore in Europa. Su Twitter, Raab ha dichiarato di “non poter accettare l’accordo con l’Ue” perché “la soluzione proposta per l’Irlanda del Nord rappresenta una minaccia reale all’integrità del Regno Unito”. Dopo di lui, si è dimessa anche la sottosegretaria Suella Braverman. Secondo i media britannici, almeno due ministri sarebbero scoppiati in lacrime durante il vertice che ha portato alla firma dell’accordo. Tra loro c’è anche il ministro del Lavoro, Esther McVey. Anche McVey ha consegnato a Theresa May le proprie dimissioni, seguita dal sottosegretario per l’Irlanda del Nord, Shailesh Vera. Secondo McVey, “l’accordo di May non rispetta il risultato del referendum del 2016. Siamo passati da una situazione per cui nessun accordo era meglio di un cattivo accordo a un’altra per cui un cattivo accordo è meglio di nessun accordo. Io non ci sto“.

Brexit, May “È la strada giusta”

Nonostante le difficoltà, Theresa May ribadisce di credere nell’accordo “con ogni fibra del mio essere”. L’intesa sulla Brexit è stata raggiunta “nell’interesse nazionale, non in un interesse di parte e sicuramente non nell’interesse delle mie ambizioni politiche”. La premier si è detta pronta ad affrontare le conseguenze del suo operato, compresa la mozione di sfiducia presentata da Jacob Rees-Mogg, deputato Tory e brexiteer radicale. Rees-Mogg ha accusato May di aver tradito “le promesse fatte alla nazione”.

La prima ministra non cede a chi chiede un nuovo referendum sull’uscita dall’Unione. “Il popolo ha votato e uscirà dall’Ue il 29 marzo 2019”, ha commentato. Un sondaggio di Sky News rivela, però, che il 55% dei cittadini britannici è favorevole a una nuova consultazione popolare. Jeremy Corbyn, leader del partito laburista, ha dichiarato: “Se non possiamo arrivare a elezioni generali, in linea con i risultati del nostro congresso sosterremo ogni opzione rimasta sul tavolo, inclusa una campagna per un voto pubblico”.