I conservatori hanno trionfato al referendum consultivo contro i matrimoni gay a Taiwan. Per la comunità LGBT, si tratta di un colpo durissimo, inferto proprio in quella che era considerata la roccaforte dei diritti civili in Asia. L’isola è infatti stata il primo Paese dell’estremo Oriente a legalizzare i matrimoni omosessuali. Nel 2017, il tribunale ne ha sancito la legittimità e ne ha deciso l’entrata in vigore entro due anni. Ma i partiti conservatori hanno notevolmente ostacolato l’esecuzione della sentenza, impedendo al governo progressista di compiere significativi passi in avanti.
Taiwan, la sconfitta dei progressisti
Sono stati oltre 7 milioni i taiwanesi che hanno votato affinché sia legale solo il matrimonio tra un uomo e una donna. Chi invece si è battuto per ottenere la parità di diritti tra nozze etero e omosessuali ha ottenuto solo 3 milioni di voti. La sconfitta dei sostenitori dei matrimoni tra persone dello stesso sesso ha provocato un terremoto politico all’interno dell’ala progressista del governo. Tsai Ing-Wen, leader del Partito progressista democratico (PPD), ha rassegnato le dimissioni da presidente di partito dopo aver saputo il risultato delle elezioni.
I cittadini di Taiwan sono stati chiamati alle urne nella giornata del 24 novembre non solo per esprimersi sulle nozze gay, ma anche per le Midterm e per altri 9 referendum popolari. I taiwanesi hanno votato anche per le elezioni amministrative, per eleggere sindaci, funzionari, magistrati e consiglieri comunali di diverse città, tra cui Taipei, New Taipei, Taoyuan, Taichung, Tainan e Kaohsiung.