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Stupri di massa in Congo, la denuncia di Msf: più di 2600 vittime

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Più di 2500 vittime in un anno: questa la denuncia di Msf, che in un report diffonde i numeri delle violenze registrate dal proprio centro in Congo

Mentre i leader europei si dividono sul tema dell’accoglienza, il continente africano continua ad essere ostaggio di bande armate: bande che uccidono su base etnica o religiosa, e che forzano ogni anno centinaia di migliaia di persone a lasciare le proprie terre nel tentativo di avere salva la vita. Una realtà di violenza per noi remota, e spesso dimenticata. Che viene però di tanto in tanto portata in superficie da quelle poche organizzazioni umanitarie che continuano ad operare anche nelle aree ritenute più pericolose. Una realtà della quale noi europei, dalle nostre coste, riusciamo però troppo spesso a vedere soltanto un effetto: la migrazione.

La denuncia di Msf

Quello che è più spesso dimenticato invece, è il grado di violenza che vige in alcune regioni del continente. A ricordarcelo, per l’ennesima volta, un report di Médecins Sans Frontières. E lo fa con un resoconto della crisi che l’organizzazione umanitaria ha dovuto fronteggiare tra maggio 2017 e settembre 2018 nella città di Kanaga, situata nella provincia di Kasai, nella Repubblica Democratica del Congo. Periodo nel quale Msf ha dovuto prestare soccorso a più di 2.600 vittime di abusi sessuali. Numeri che, secondo Karel Janssens, capo missione dell’Ong in Congo, “Sono indicativi dell’altissimo livello di violenza che abbiamo vissuto nel corso dell’ultimo anno”. Il capo missione racconta delle terribili testimonianze raccolte dai sopravvissuti, in grado di descrivere la situazione affrontata ogni giorno dai residenti della zona.

Le terribili testimonianze

“Avevo cinque figli, quattro femmine e un maschio” racconta una delle donne soccorse dalla Ong. “Hanno violentato e ucciso le mie bambine, poi uno di loro mi ha violentato dentro casa”. “Poi”, prosegue la donna, “Mi hanno trascinata per la strada mezza nuda”. Una violenza le cui conseguenze per la vittima, come spesso accade in questi casi, non saranno solo psicologiche. Lo stupratore della giovane donna, infatti, era malato di Hiv.

Testimonianze raccolte direttamente dalle vittime nel corso di sedute psicologiche con specialisti di Msf. Sedute di gruppo, o, nei casi più problematici, singole, durante le quali emergono alcune storie di folle violenza. Delle circa 800 persone trattate singolarmente, circa la metà ha raccontato di avere perso un familiare, o di aver visto distruggere la propria casa. E uno su dieci ha affermato di aver assisto ad un omicidio o ad altri atti di violenza.

Delle 2.600 vittime trattate dalla Ong da maggio 2017, 32 erano uomini, alcuni dei quali hanno raccontato di aver dovuto, pistola puntata alla testa, violentare donne dei propri villaggi. 162 i bambini di età inferiore ai 15 anni curati, e altri 22 di età inferiore ai 5 anni.

Una situazione, secondo Francisca Baptista De Silva, coordinatore di Msf in Kanaga, nella quale è più che mai necessario offrire protezione per le vittime, e dare loro assistenza socio-economica in un ambiente che è assolutamente incapace di offrire anche i più basilari servizi.

La situazione del Kasai

Situazione che nella regione di Kasai si è deteriorata nel corso del 2016, e nella quale Msf è presente dal 2017 con un centro medico. Un centro specializzato nella cura di ferite da trauma, ma che nel corso del tempo è stato trasformato in un centro specializzato nella cura di vittime di violenza sessuale. Un centro che presta primo soccorso a più di 200 vittime ogni mese.

La regione di Kasai ha sempre vissuto con una certa difficoltà il legame con il governo centrale. Una difficoltà esacerbata dalla decisione presa nel 2016 dal presidente Joseph Kabila, rimasto in carica anche dopo la scadenza del suo mandato ufficiale. Una decisione che ha portato all’azione diversi gruppi armati in rotta con il governo centrale, in una guerra che ha come campo di battaglia le vite di troppi civili innocenti.