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Caso Julen, l'inchiesta della Seprona: "Nessuna misura di sicurezza"

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Aperta l'inchiesta del servizio di protezione natura sul caso del piccolo Julen: "Nessuna misura di sicurezza adottata per evitare incidenti".

Un’inchiesta a doppia linea quella condotta sul caso Julen, il bambino di due anni caduto in un pozzo a Totalan. Intorno quella che è stata definita la più grande operazione di salvataggio mai condotta in Spagna, si sono infatti sviluppate parallelamente due investigazioni, di cui si è recentemente occupato il portale spagnolo diariosur.es. Una, condotta dall’unità di polizia giudiziaria del Benemérita, è incentrata sulle circostanze della caduta del bambino, l’altra, realizzata dal Servizio di protezione della natura (Seprona), riguarda invece la legalità del movimento di perforazione effettuato durante i lavori di scavo del pozzo.

“Nessuna misura di sicurezza”

Il rapporto della Seprona ha concluso, a quanto si apprende dal giornale spagnolo, che non sono state adottate misure di sicurezza – la parola utilizzata è “nulla” – per evitare incidenti, soprattutto nella porzione della collina della Corona, dove si sono sviluppati i fatti. Gli agenti hanno presentato le loro conclusioni al giudice che istruisce il caso e a tutti gli organi competenti (oltre all’autorità municipale del Comune di Totalán, anche al Consiglio e alle Delegazioni per occupazione, in relazione alle attività minerarie, e Ambiente, e infine l’Agenzia andalusa per l’acqua). L’ispezione tecnica dell’area, fa sapere la fonte locale, sono iniziati lo stesso giorno della caduta di Julen. In quel luogo gli agenti verificarono che una serie di lavori erano già stati fatti: tra questi una spianata rettangolare con una lunghezza di circa 35 metri per una superficie di circa 500 metri quadrati.Come evidenziarono poi le ricerche, quella spianata fu realizzata proprio con le terre estratte durante i lavori di scavo. Mentre le eccedenze venivano gettata nell’uliveto che si trova sotto di essa.

La trincea a forma di L

Le guardie civili hanno anche fotografato e ispezionato la trincea a forma di L che si trova nella rientranza. Lunga 35 metri, profonda 50 centimetri e larga cinque metri, la sua parte terminale si chiude appunto nel pozzo dove il piccolo Julen è caduto. Nella trama, sono stati trovati tre pallet con blocchi di cemento grigi – come quelli che il proprietario della fattoria ha affermato di aver usato per coprire il buco -, quattro sacchi di cemento, altri due di sabbia bianca e due rulli per incanalare i cavi di elettricità e acqua.

Le violazioni

La conclusione della Seprona, parzialmente combaciante con le dichiarazioni del proprietario e del “pocero”, è che ci siano state diverse violazioni alle norme di sicurezza nei lavori di scavo del tunnel: nessuna licenza fu concessa dal comune (come stabilito dal Regolamento di Disciplina Urbana dell’Andalusia). Nessun progetto tecnico fu realizzato e firmato da un laureato in estrazione e, infine, nessuna autorizzazione amministrativa fu data ai lavori. Stando alle dichiarazione del proprietario, il pozzo in questione è mai realizzato sul suo terreno. Quanto resta da chiarire è perché, se i lavori d’ispezione per la ricerca dell’acqua furono effettuati il 18 dicembre senza evidenziarne traccia, nessuno (né il proprietario, né l’amministrazione) si occupò di chiudere il tunnel. A tal proposito il proprietario del terreno sostiene di essersi messo nelle mani del pocero confidando nella sua professionalità. Per parte sua il responsabile dei lavori sosterrebbe di aver sì bloccato il pozzo, ma di come la sua azione sia stata poi modificata da altri lavori di sterro della zona. Ora sarà il tribunale di Malaga ad occuparsi della vicenda ma quanto è certo è che nulla di ciò che fu fatto in quel punto aveva l’autorizzazione necessaria, né tantomeno i piani di salute e sicurezza sul lavoro previsti dalle normative.