> > Attentato Nuova Zelanda, la testimonianza del 17enne Michele

Attentato Nuova Zelanda, la testimonianza del 17enne Michele

testimonianza attentato nuova zelanda

Michele si trova in Nuova Zelanda per studiare: non avrebbe mai immaginato di dover vivere un'esperienza così terribile e spaventosa. E' sotto choc.

Michele Tordiglione frequenta la Papanui High School a Christchurch, in Nuova Zelanda, lo stesso paese dove il 15 Marzo 2019 si è verificato il terribile attentato delle moschee ad opera del suprematista bianco Brenton Tarrant. Durante gli attenti sono morte 50 persone.

Il giovane si trova in Nuova Zelanda da Luglio 2018. Al momento della tragedia Michele era a scuola, molto vicino a una delle moschee scelte da Tarrant per il suo piano criminale.

Insieme ai compagni, Michele, è rimasto “intrappolato” per ore senza sapere cosa stava succedendo. Il 17enne racconta: “pensavo che fosse un’esercitazione antisismica, ma mentre i minuti passavamo abbiamo subito capito che era in corso una strage. Ci hanno spostati in altre aule. Gli studenti maori per darsi coraggio hanno cominciato a cantare i loro inni tribali”.

La paura era tangibile per tutto il tempo. Michele continua dicendo: “Sopra di noi era un delirio di elicotteri, mentre i cani della polizia abbaiavano furiosamente. Durante l’attentato uno dei due terroristi si è avvicinato con la macchina alla nostra scuola ed è stato fotografato con l’istituto alle spalle. Aveva la macchina piena di bombe, le hanno dovute disinnescare”.

E’ ancora sotto choc

Michele non si ferma e dice: “alle 14.30, mentre iniziava la sparatoria alle moschee, nella mia scuola è scattato l’allarme e la sirena è suonata forte nelle aule. All’improvviso è entrato un poliziotto in borghese, aveva l’espressione molto seria e preoccupata; subito dopo ci hanno fatti entrare nelle aule e ci hanno detto di sdraiarci a terra. Siamo rimasti così per ore, mentre l’ansia e la paura aumentavano”.

Il 17enne ammette di essere ancora sotto choc per quanto accaduto ma nonostante i genitori gli abbiano chiesto di tornare in Italia, al momento non ha ancora preso una decisione in merito: “volevo un posto tranquillo, dove ogni tanto si sciasse e dove si sentisse parlare solo inglese, non avrei mai pensato di trovarmi di fronte a un massacro. Ancora non riesco a capacitarmi di questa strage. La lezione resta sempre quella di Orazio: Carpe diem, oggi ci siamo, domani chissà…”.