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Sud Sudan, violentata con un fucile: lo stupro come arma da guerra

Sud Sudan

Sono in migliaia i profughi del Sud Sudan rifugiatisi nel campo di Palabek, in Uganda. Tantissime le donne vittime di stupro da parte dei combattenti

“Sono entrati in casa, hanno prima legato e tirato il pene di mio marito con una corda e poi hanno abusato di me con i loro fucili” ricorda drammaticamente Sara, una donna di 41 anni originaria di Pajok, in Sud Sudan. Il drammatico racconto della violenza sessuale è riferito da fanpage.it, che pubblica un reportage dal campo profughi di Palabek, in Uganda, dove la donna è stata accolta.

Stupro come arma da guerra

Il Sud Sudan è diventato uno Stato indipendente solo nel 2011 ma già due anni dopo è scoppiato un conflitto etnico che rende impossibile la vita nel Paese, da cui in migliaia cercano di fuggire. Nel luglio 2018 l’Unicef avvertiva che almeno 1 milione di bambini sono malnutriti mentre erano stimati in 19mila quelli che continuano ad essere utilizzati come combattenti, cuochi e messaggeri, costretti a subire anche abusi sessuali.

Sono inoltre migliaia le violenze di genere denunciate ogni anno dalle organizzazioni delle Nazioni Unite, poiché lo stupro in Sud Sudan viene spesso usato come arma dalle diverse forze combattenti. Nel dicembre 2018 Medici Senza Frontiere aveva per esempio avvertito che nella zona di Bentiu erano state picchiate e violentate 125 donne e bambine, anche con meno di dieci anni, in un arco temporale di appena dieci giorni.

La storia di Louise e Helen

E’ in questo contesto che rientra la storia di Sara, ma anche di Louise, 19 anni, che sempre a fanpage.it rammenta la violenza subita da sei soldati. “Qualche volta ripenso a quello che mi è successo, anche perché dopo mi sono ammalata di candida – rivela – . Ed ho anche un cancro al sangue. Ogni giorno vado a fare le cure qui nel campo e lì vicino vedo sempre degli uomini. Tutte le volte che li guardo penso: ecco, adesso succederà di nuovo. Questa è la mia paura”.

Non meno drammatica la vicenda di Helen, 28 anni: “I soldati mi hanno accerchiata e poi mi hanno violentata. Erano davvero in tanti. Dopo mi hanno portato in una specie di lager, volevano uccidermi, ma io sono riuscita a scappare insieme ad altra gente”.