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Notre-Dame un mese dopo l'inferno

Notre-Dame, un mese dopo l'incendio

Notre-Dame non sarà mai più la stessa e raccontare la verità delle emozioni di chi ancora scuote la testa pensando a quanto è accaduto è difficile.

“Tutti gli occhi erano diretti verso la cima della cattedrale, ed era qualcosa di straordinario quello che stavano vedendo: nella parte più alta dell’ultima galleria, sopra il rosone centrale, c’era una grande fiamma che saliva tra i campanili con un turbinio di scintille, una grande fiamma che si ribellava furiosa”. È questo il presagio contenuto nelle capolavoro di Victor Hugo, pagine datate 1482 ma che avrebbero potuto raccontare la terribile attualità del 15 aprile 2019 a Parigi.

La cronistoria di quel tragico giorno si è articolata così: ore 18:20, scatta il primo allarme: il pensiero vira subito verso l’ipotesi di un attacco terroristico. Poi la conferma: l’incendio è frutto di un errore umano. Alle 18:43, arriva la seconda allerta, con le fiamme che hanno già raggiunto la struttura. Sono 23, i fatali minuti, senza soccorso durante i quali per fortuna la cattedrale viene evacuata dai fedeli. Nella notte, ore di eterna apprensione: i media e di conseguenza gli occhi di tutto il mondo stanno osservando quanto accade nel cuore di Parigi.

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“Ricostruiremo Notre-Dame entro 5 anni, ancora più bella. Ce la possiamo fare”: lo ha detto, nel suo discorso ai francesi, il presidente della Repubblica Emmanuel Macron. La gara alla solidarietà, è partita a suon di miliardari, quelli della famiglia Pinault (con 100 milioni di euro) e Arnault, seguiti da Bettencourt e dalle imprese. Una sfida che in partenza ha racimolato 700 milioni in poche ore. Ma ci sono anche le istituzioni pubbliche, gli enti, le università, tutti a offrire il savoir-faire dei loro esperti e le abilità dei tecnici. Così tanto denaro in poche ore e cosi tante polemiche. Perchè per la chiesa cattolica tutti aderiscono alla causa e per la povertà, la fame e la ricerca si fatica ancora così tanto? è questa la vera riflessione di molti.

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Notre-Dame un mese dopo

Raccontare i sentimenti di un altro paese non è mai facile. Il dolore di un intero popolo, che giorno dopo giorno sopravvive moralmente all’amara sciagura, nella quotidianità spezzata dalla grande perdita di un simbolo, di un’icona. Notre-Dame non sarà mai più la stessa e raccontare la verità, la lealtà delle emozioni di chi ancora oggi scuote la testa pensando a quanto è accaduto quella sera è difficile. Parigi un mese dopo si sveglia come ogni altra mattina passata, la stessa città di sempre, che va di corsa sin dalle prime ore del giorno. Forte nell’orgoglio e abituata alla fierezza della memoria. eppure quella mancanza, quel sentimento di perdita appare come inesorabile.

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Il vuoto rimane ad aspettare i turisti fuori dalle transenne dell‘Ile de la Cité, a oppugnare il cordone della sicurezza, a sorvegliare dai bordi delle vie che costeggiano Notre-Dame, gli operai e il susseguirsi dei lavori per il restauro della cattedrale sotto il ticchettio della pioggia, il suono che scandisce il ritmo dei secondi, dei minuti, delle ore, del tempo trascorso dalla tragedia. La guglia non c’è più, l’intera zona è ormai adibita a cantiere: il panorama urbano è cambiato inesorabilmente. A Parigi un mese dopo l’inferno, piove ancora, dentro chiunque si fermi anche solo per un istante a volgere lo sguardo verso la cattedrale.