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Sudan, repressione causa 100 morti. I militari: "Elezioni tra 9 mesi"

proteste in sudan

La repressione dei militari è stata violenta: tante le perdite tra i manifestati che lottano per la democrazia in Sudan ma anche una prima vittoria.

La lotta per la democrazia in Sudan miete nuove vittime. Salgono infatti a 100 i morti tra coloro che lunedì 3 giugno 2019 hanno manifestato a Khartoum contro l’esercito. Dopo i sessanta già accertati a seguito della repressione in piazza, 40 corpi sono stati infatti recuperati nel fiume Nilo, come denuncia il Central Committee of Sudan Doctors (CCSD).

Manifestati contro i militari al potere

L’organizzazione spiega che i cadaveri sarebbero stati gettati in acqua dai paramilitari del Rapid Support Forces (RSF). Come riferisce la CNN, il capo del consiglio militare al governo del Sudan, il generale Abdel Fattah al-Burhan, ha ordinato un’indagine su queste morti.

Ad aprile 2019 i militari con un colpo di Stato hanno cacciato il presidente Omar al-Bashir, che ha governato il Paese per trent’anni.

Al potere è salito quindi il Transitional Military Council con l’obiettivo di governare per almeno tre anni ma ora i manifestanti chiedono che la guida della Nazione, in questo periodo di transizione, venga affidato invece ad un organismo civile.

Verso le elezioni

Durante i sit-in organizzati a Khartoum il 3 giugno i militari hanno quindi portato avanti una vera e propria repressione. Decine di manifestati sono stati uccisi da colpi d’arma da fuoco, tanto che anche il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha condannato le violenze perpetrate contro i cittadini.

Il giorno dopo la grande manifestazione, durante un discorso trasmesso dalla tv di Stato, al-Burhan ha così annunciato che entro nove mesi verranno indette le elezioni e che l’organo di governo militare è pronto ad aprire negoziati con i gruppi di opposizione.