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Naufragio in Libia, recuperati 62 corpi: peggiore tragedia del 2019

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Solo nel Mediterraneo, come riporta una nota dell'alto commissario, erano 669 le vittime, alle quali si aggiungono 150 migranti morti ieri.

Il mare al largo delle coste libiche continua a registrare morti: nel naufragio avvenuto tra il 23 e il 24 luglio al largo di al Khoms (120 chilometri a est di Tripoli) hanno perso la vita molte persone. La mezzaluna rossa, però, ha recuperato solo 62 corpi per il momento. Mentre la nave della Guardia costiera italiana rimane in stallo in mezzo alle acque con 140 migranti a bordo, continua la tragedia in mare. Secondo l’Onu si tratterebbe del peggiore naufragio mai avvenuto dall’inizio del 2019. Infatti, sono almeno 110 i morti registrati in mare, ma il numero potrebbe lievitare fino a raggiungere 150. Infine, secondo i dati, sarebbero 145 le persone salvate e alcune di queste portate a Tajoura, il centro di detenzione all’inizio del mese di luglio.

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Naufragio in Libia: la peggiore tragedia

L’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) torna a chiedere ai governi europei di ripristinare “il soccorso in mare”: l’urgenza è massima in quanto stiamo assistendo alla più grande tragedia dall’inizio dell’anno. 110 persone hanno perso la vita in mare, ma il numero potrebbe presto aumentare. Solo nel Mediterraneo, come riporta una nota dell’alto commissario, erano 669 le vittime, alle quali si aggiungono i 150 migranti morti ieri, giovedì 15 luglio. Nella suddetta giornata, inoltre, sarebbero stati intercettati 269 migranti: tra questi, 187 sono stati soccorsi a Gasr Garabuli (9 donne e due bambini), mentre 87 si trovano al largo di Tripoli.

L’Unione Europea

L’ennesimo naufragio in Libia ha richiesto l’intervento dell’Unione Europea. Federica Mogherini, l’alto rappresentante Ue ha dichiarato: “L’attuale sistema libico di gestione della migrazione irregolare e di detenzione arbitraria di rifugiati e migranti deve cessare e deve essere in linea con gli standard internazionali”. Inoltre, “l’Ue è pronta a sostenere le autorità libiche a sviluppare soluzioni per creare alternative sicure e dignitose alla detenzione. Nel pieno rispetto delle norme umanitarie internazionali e nel rispetto dei diritti umani”.