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Incendio in campo profughi di Lesbo: morti una donna e un bambino

incendio

"E' giunto il momento di fermare l’accordo UE-Turchia", denuncia Medici senza Frontiere dopo l'incedio scoppiato nel centro d'accoglienza di Lesbo.

“Nessuno può definire queste morti un incidente. È il risultato diretto di una politica brutale che intrappola 13mila persone in un campo che dovrebbe ospitarne 3mila” denuncia Medici senza Frontiere dopo la tragedia avvenuta nella serata di domenica 29 settembre 2019 nel centro di identificazione e accoglienza di Moria, sull’isola di Lesbo, nel sud-est dell’Egeo (Grecia).

Lo scoppio dell’incendio

Per motivi ancora da accertare all’interno della struttura è scoppiato infatti un incendio. C’è chi riporta di un rogo divampato forse accidentalmente all’interno di un container dove abitavano diverse persone. L’agenzia di stampa Athens-Macedonian riferisce invece che le fiamme sono state appiccate nel corso di una rivolta dei migranti.

L’incendio all’interno del campo è iniziato difatti attorno alle ore 17, una ventina di minuti dopo che si sono levate delle fiamme nei pressi dell’uliveto limitrofo al centro di accoglienza, dove sono accampati in tende e altri rifugi di fortuna centinaia di richiedenti asilo, poiché la struttura è sovraffollata.

I morti

In base alle prime informazioni, nell’incendio sarebbero morti almeno una donna e un bambino ma il numero delle vittime potrebbe aumentare.

Nella clinica pediatrica aperta da Medici senza Frontiere sono state curate almeno una quindicina di persone. Una volta domato l’incendio, si è accesa però la fiamma della protesta da parte dei migranti costretti a vivere in condizioni che definiscono inumane.

“Ogni leader europeo ha la responsabilità di prevenire ulteriori morti e sofferenze. E’ giunto il momento di fermare l’accordo UE-Turchia e la sua disumana politica di contenimento e di evacuare urgentemente le persone da questo inferno che è diventata Moria” chiarisce Msf. I migranti chiedono infatti di essere trasferiti sulla terraferma.