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Proteste a Hong Kong: polizia lancia lacrimogeni a Victoria Park

Hong Kong polizia lacrimogeni

I manifestanti hanno tentato di costruire barricate nel parco dove sono in programma comizi dei candidati alle elezioni distrettuali.

Continuano le proteste ad Hong Kong, dove centinaia di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per chiedere più autonomia da Pechino, scontrandosi con la Polizia che cerca di fermarli usando lacrimogeni.

Hong Kong, polizia usa lacrimogeni

Molti dimostranti sono vestiti di nero e hanno il volto coperto, nonostante il divieto della Polizia. Al loro tentativo di costruire delle barricate all’interno del Victoria Park, questa ha lanciato gas lacrimogeni e schierato cannoni ad acqua. Qui sono previsti eventi di candidati pro democrazia in vista delle elezioni distrettuali fissate per il prossimo 24 novembre 2019.

Diversi gli scontri anche a Causeway Bay, quartiere commerciale dove ogni attività riconducibile alla Cina viene fatta oggetto di vandalismi. Per la prima volta è stato anche attaccato l’ufficio della Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale di Pechino dove sono stati creati danni a porte e finestre.

L’avvertimento della Cina

Solo ieri, venerdì 1 novembre, la Cina ha lanciato l’ultimo avvertimento, affermando di non avere intenzione di tollerare alcuna sfida al sistema di governo di Hong Kong. E ha anche proposto di promuovere l’educazione patriottica nella città, teatro di proteste e scontri da parte di giovani da ormai diversi mesi.

Il comunicato finale del Comitato centrale del Partito Comunista cinese sollecita infatti alla garanzia della sicurezza nazionale. Questo nella convinzione che “Hong Kong e Macao devono essere governate in stretto accordo con la Costituzione e la Legge fondamentale“. Stando agli analisti, questo sarebbe un invito ad applicare l’articolo 23 della legge sulla sicurezza nazionale. Ciò consentirebbe al governo di varare leggi che vietano “ogni atto di secessione, sedizione o sovversione contro il governo centrale“.

Un articolo che però, dopo l’ultimo tentativo di applicazione del 2003, è rimasto lettera morta nonostante le insistenze di Pechino. Quell’occasione aveva infatti causato massicce rivolte e proteste.