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Caos in Libia, truppe di Haftar bombardano i principali aeroporti

truppe di Haftar

Ennesima mossa sullo scacchiere libico da parte del generale Khalifa Haftar, che questa volta bombarda i principali aeroporti nazionali.

Si riaccende il caos libico. Le truppe e le milizie del generale Khalifa Haftar hanno preso di mira gli aeroporti di Tripoli e Misurata. Lo stesso Haftar ha confermato l’attacco, avvenuto nella serata di domenica 3 novembre, tramite un comunicato stampa ufficiale. Nella nota si ribadisce come l’esercito nazionale libico (Lna) abbia eseguito dei raid su diverse postazioni del Governo di accordo nazionale (Gna), istituito nel 2015 su iniziativa delle Nazioni Unite e guidato dal rivale Al Serraj. Colpite anche postazioni facenti capo all’Accademia militare di Misurata.

Truppe di Haftar appoggiate dall’estero

Sarebbero in tutto quattro i raid aerei diretti contro l’aeroporto Mitiga della capitale libica, l’unico che garantisce i collegamenti internazionali da e per Tripoli. Secondo quanto riferito dalla stampa locale, non ci sarebbero vittime. Buona parte della pista dell’aeroporto sarebbe però andata distrutta. I media locali riferiscono inoltre come alcuni Paesi stranieri abbiano sostenuto l’offensiva intrapresa dalle truppe di Haftar. Lo stesso Al Serraj aveva recentemente denunciato forti interferenze straniere nella situazione libica, con particolare riferimento a Francia, Egitto ed Emirati Arabi.

I bombardamenti delle truppe di Haftar arrivano in un momento molto delicato, in vista sopratutto della conferenza di Berlino, indetta per cercare di riportare stabilità alla Libia. Il caos libico è stato al centro dell’attenzione mediatica degli ultimi mesi in particolare per quanto riguarda anche la questione dei migranti.

La Libia è diventata infatti sede dei principali centri di detenzione dei migranti diretti da diverse parti dell’Africa e dell’Asia verso le coste europee. Nel mese di settembre del 2019 è arrivato un allarme da Medici senza frontiere su quella che è stata definita come vera e propria “catastrofe sanitaria” nei centri di Zintan e Gharyan.