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Coronavirus: la Cina verso il divieto di consumare carne di cani e gatti

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Più per ragioni culturali che per il coronavirus, una provincia del sud della Cina si avvia al divieto di consumare carni di cani e gatti.

Dopo la decisione dell’Assemblea nazionale della Cina di mettere al bando il commercio di animali selvatici ed esotici, le autorità di Shenzhen sono pronte a vietare il consumo di carne di cani e gatti: non tanto come misura precauzionale contro il coronavirus bensì per ragioni culturali di allineamento ai paesi più sviluppati.

Coronavirus: consumo di cani gatti in Cina

Shenzhen è una metropoli dell’estremo Sud del territorio, noto per una dieta onnivora. Basti pensare che la città di Yulin è la sede del Festival della carne di cane, dunque il fatto che la misura provenga proprio da queste aree la arricchisce di significatività. Nel regolamento che fino alla prima settimana di marzo 2020 sarà in revisione pubblica vi è dichiarata la necessità universale della messa al bando di consumo di animali selvatici, cani e gatti.

Le autorità hanno creato una lista di proteine che possono essere consumate e da cui le suddette sono escluse. Nell’elenco vi sono maiale, pollo, manzo, coniglio, pesce, molluschi, agnello, asino, anatra, oca e piccione. Coloro che consumeranno altri cibi potranno incorrere in sanzioni comprese tra 250 e 3.000 euro. Per i ristoranti che le servono le multe possono arrivare anche fino a 6.500 euro.


Anche durante l’epidemia di Sars, il cui serbatoio di incubazione fu lo zibetto, il governo cinese aveva bandito il commercio di alcune specie esotiche. Lo aveva poi autorizzato una volta finita l’epidemia. Questa volta però i messaggi delle autorità sembrano indicare che il divieto sarà definitivo e non provvisorio.