> > Coronavirus, l'italiano blindato a Wuhan: "Ora abbiamo due ore d'aria"

Coronavirus, l'italiano blindato a Wuhan: "Ora abbiamo due ore d'aria"

coronavirus, l'italiano a wuhan e le due ore d'aria

Un manager italiano racconta la sua esperienza di lotta al coronavirus a Wuhan e ai connazionali in patria dice: "Resistete".

A Whuhan l’inferno del coronavirus si è arrestato ma continua la prevenzione e la lotta ai temuti contagi di ritorno. Anche per Lorenzo Mastrotto, l’italiano che da due mesi è blindato con la sua famiglia in casa, la situazione sta lentamente tornando alla normalità, seppur in modo estremamente graduale: “Dopo mesi abbiamo due ore per uscire col timer del telefonino”. E ai connazionali in quarantena consiglia: “Stringete i denti e resistete”.

Coronavirus, a Wuhan l’inferno dell’italiano

Lorenzo Mastrotto è un manager italiano che vive nella città diventata simbolo della pandemia di coronavirus: Wuhan. Originario di Costabissara, abita con la moglie cinese ed i due figli, Elisa e Gianluca, a pochi metri dal mercato del pesce additato da tutti come l’origine dell’ira funesta del coronavirus.

Dal 23 gennaio la città di Wuhan è entrata in quarantena ed 11 milioni di abitanti sono stati rinchiusi in casa. Dopo due mesi, in cui si sono registrati circa 2.535 morti, “hanno ripreso a circolare gli autobus, a funzionare alcune linee della metropolitana, a produrre le aziende che sono autorizzate. Ma bisognerà aspettare l’8 aprile perché riaprano la stazione dei treni e l’aeroporto per i voli interni. Insomma, è stata lunga e dura, ma finalmente ne stiamo uscendo, per questo dovete pazientare ancora un po’ e poi tornerete a sorridere anche voi”.

Il dramma della quarantena

Mastrotto spiega che lo stato di angoscia e paura è lo stesso che stanno provando i suoi conterranei. Dalla paura del contagio fino al senso di oppressione della quarantena. Solo adesso, dopo tanto tempo possono tagliare i capelli dal parrucchiere sotto casa: “Capisco bene cosa stanno vivendo adesso i veneti, perché ci sono passato anch’io con la mia famiglia- spiega il manager -. All’inizio abbiamo provato paura e preoccupazione, ma poi ci siamo adattati, direi quasi rassegnati. Fino al 20 febbraio eravamo obbligati a stare in casa, ma ancora potevamo uscire per fare la spesa, dopodiché sono state possibili solo le consegne a domicilio. Siccome di questo virus non sapevamo niente, tanto che perfino i virologi dicevano tutto e il contrario di tutto, nel dubbio in quel periodo prendevamo ogni precauzione possibile. Portavamo sempre la mascherina. Proteggevamo gli occhi: io solo con gli occhiali, ma una nostra amica addirittura con la maschera da sub… Indossavamo scarpe e vestiti vecchi, in modo da poterli buttare. Ma anche adesso ci è rimasta l’abitudine di evitare l’infezione. Per dire: la scorsa settimana ci hanno mandato un parrucchiere davanti al palazzo, per consentirci finalmente di tagliarci i capelli. Quando siamo rientrati in appartamento, abbiamo disinfettato le suole, le chiavi, i cellulari“.

Le limitazioni in Cina

Lorenzo lavora in smart working perché non può prendere la metro. A differenza sua, la moglie Anny può recarsi con un autista autorizzato a recarsi in ufficio. Nelle stanze sono in dieci e vanno a turni di cinque al giorno, per stare distanti, portandosi solo la ciotola di riso da scaldare, evitando così di uscire per prendere il pranzo. I bar e ristoranti sono ancora chiusi e gli alimentari riaprono, ma non permettono l’ingresso.

Le macchine devono ancora stare ferme e da straniero io non posso ancora prendere la metro– spiega Lorenzo-. Invece lei è accompagnata da un autista autorizzato, ma in ufficio sono in dieci e vanno a turni di cinque al giorno, per stare distanti, portandosi da casa la ciotola di riso da scaldare perché non possono uscire in pausa pranzo. Del resto bar e ristoranti sono tuttora chiusi, i negozi di alimentari stanno riaprendo ma non permettono l’ingresso. Funziona così. Bisogna ottenere un certificato che attesta la sana e robusta costituzione dopo due mesi di isolamento domiciliare, perché anche qui a Wuhan c’è il problema degli asintomatici, come sento dire dal governatore Luca Zaia in Veneto. In questo modo il codice QR sul telefonino diventa verde e si può uscire massimo due ore al giorno, per andare al market. Ci mettiamo in coda, consegniamo la lista all’addetto che sta sulla porta, riceviamo la spesa e torniamo a casa. Ancora non troviamo il cappuccino o la pizza margherita con la mozzarella di bufala che piace ai nostri bambini… Ma rispetto ai primi giorni di emergenza, quando a mezzanotte ci collegavamo alla app per gli acquisti online e un minuto dopo erano già esauriti sale e zucchero, adesso troviamo tutto quello che ci serve per vivere. Siamo anche riusciti a ordinare un tiramisù“.

Ritorna (forse) la normalità

La gente dopo due mesi inizia a tirare un respiro di sollievo, anche se tornare alla normalità non sarà così semplice, serve ancora tempo: “La gente sta cominciando a tirare un sospiro di sollievo – spiega Lorenzo -, anche se non è finita, considerando peraltro che la crisi economica morderà un Paese pur giovane come la Cina. Dobbiamo stare ancora molto in casa, il che a Wuhan significa isolarsi in un appartamento, non in una casetta con giardino come fortunatamente succede spesso in Veneto”. Il consiglio del manager per gli italiani è “di stringere un altro po’ i denti, anche perché avete dimostrato di saper reagire bene con le misure e avete avuto un po’ di fortuna rispetto alla Lombardia o all’Emilia Romagna. Se tutto procede come a Wuhan, fra sette-dieci giorni potrete cominciare a vedere uno spiraglio. Poi vi ci vorrà un altro mesetto, ma vedrete calare drasticamente i numeri e vi darete coraggio. Com’è successo a noi”.