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Coronavirus, i morti nel mondo: 28mila decessi fuori dalle statistiche

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Sarebbero circa 28mila i decessi sospetti nel mondo che non sono stati inclusi all'interno delle statistiche ufficiali dei morti da coronavirus.

L’emergenza coronavirus nel mondo si sta dirigendo verso la tanto attesa fase 2 e la curva dei contagi e dei decessi sta gradualmente appiattendosi, ma nonostante ciò saranno necessari ancora molti mesi per poter capire realmente quanti morti ha causato quella che verrà considerata la pandemia simbolo del XXI secolo. Un piccolo assaggio di ciò ce lo dà per il momento il quotidiano The New York Times, che in una sua inchiesta pubblicata il 21 aprile mostra come circa 28mila morti sospette non sarebbero state incluse all’interno dei conteggi ufficiali dei decessi da coronavirus nel mondo.

Coronavirus, il dato reale sui morti

L’inchiesta è stata condotta analizzando i dati demografici di diverse nazioni del mondo, dalle quali appare ovvio come al di là dei morti ufficiali attribuiti al coronavirus si sia registrato un picco insolito di decessi proprio in corrispondenza con il periodo compreso tra i mesi di marzo e aprile 2020. Un aumento dei decessi di quasi il 30% in media che però per il momento non rientra nelle statistiche ufficiali dei morti da Covid-19.

In Francia ad esempio i morti in eccesso al di fuori delle statistiche sul coronavirus sarebbero 5.100, in Inghilterra e Galles 6.300 e in Spagna addirittura 7.300. Secondo i giornalisti del The New York Times, questi decessi sarebbero da far rientrare nelle migliaia di persone che non sono morte negli ospedali, ma all’interno delle proprie abitazioni senza che potesse essergli effettuato un tampone quando erano ancora in vita. Una circostanza del tutto analoga a quella che è stata avanzata per spiegare le morti sospette in eccesso nella provincia di Bergamo, ufficialmente non conteggiate come morti da coronavirus ma insolitamente numerose rispetto alla media stagionale.

Il parere degli esperti

Il quotidiano ha inoltre chiesto pareri esterni a vari professionisti del settore per poter spiegare il motivo di tale discrepanza nei dati sui morti. Tra essi c’è il demografo del Max Planck Institute for Demographic Research in Germania Tim Riffe, che ha affermato: “Qualunque numero venga riportato in un determinato giorno si baserà sempre su una grave sottovalutazione. In molti luoghi la pandemia è andata avanti per abbastanza tempo da consentire registrazioni tardive di morte, dandoci un quadro più accurato della mortalità dovuta al coronavirus”.

Il demografo delle Nazioni Unite Patrick Gerland ha invece spiegato che i dati attuali riflettono la conoscenza che abbiamo ora del fenomeno in riferimento allo scenario ospedaliero: “In questa fase, è un’istantanea parziale. È una visione del problema che riflette il lato più esposto dell’emergenza, principalmente quello osservato attraverso il sistema ospedaliero. Nei prossimi due mesi sarà possibile ottenere un’immagine molto più chiara.