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Covid nel campo dei profughi rohingya: cresce la paura in Bangladesh

Il campo profughi di Cox's Bazar

Il Covid fa paura in Bangladesh: confermato il primo caso nel più grande campo profughi rohingya. L'allarme di Medici Senza Frontiere.

È un allarme pieno di paura quello che dal Bangladesh lanciano le organizzazioni non governative, tra cui Save the Children, Azione contro la Fame e Medici Senza Frontiere. Dopo i primi due casi di Covid nel campo profughi rohingya, le associazioni temono una strage. Secondo quanto riferito dagli enti locali, è stato scoperto un caso di positività fra i pazienti di etnia rohingya, che vive nel campo profughi di Cox’s Bazar, uno dei più grandi al mondo.

Le Nazioni Unite: “Pazienti sotto controllo”

La situazione è molto seria. Dal 14 marzo scorso, il campo rifugiati di Cox’s Bazar è stato serrato per impedire la diffusione del coronavirus. Questo non ha escluso il contagio, come confermato dalle stesse Nazioni Unite: “Si rischia un disastro umanitario di enormi proporzioni” hanno avvertito le associazioni locali. Le Nazioni Unite confermano che si tratta di due persone risultate positive, di cui uno di etnia rohingya: “Entrambi i pazienti sono in isolamento e la ricerca dei contatti è in corso” hanno annunciato, ma le possibilità che il Covid abbia contagiato altri non è da escludere.

La paura del Covid fra i profughi rohingya

Ora che il virus è entrato nel più grande insediamento per rifugiati del mondo, temiamo che sia molto reale la prospettiva della morte di migliaia di persone a causa di Covid-19” ha dichiarato il direttore sanitario di Save the Children in Bangladesh. Il campo ospita almeno 855.000 rifugiati appartenenti alla comunità Rohingya che vivono in 34 “campi di fortuna”. La densità di abitanti è tale sono state stimate circa 40mila persone per ogni chilometro quadrato.

Campo profughi: tra paura e controllo

Il rischio di un contagio nei campi profughi rohingya è alto. In questi campi non è possibile mantenere un distanziamento sociale. In gran parte di essi, non si accede nemmeno a servizi essenziali come l’acqua potabile, che è l’unico elemento che garantisce un’igiene personale. Nei campi i profughi vivono in condizioni di salute precarie. L’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere ricorda che i rifugiati spesso giungono ai campi già con patologie pregresse.

Fra i disturbi più diffusi – in circa un terzo dei pazienti, secondo Medici Senza Frontiere – ci sono proprio quelli legati al tratto respiratorio.