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Turchia, la figlia di Erdogan si batte contro la violenza sulle donne

Turchia, la figlia di Erdogan si batte contro la violenza sulle donne

La lotta contro l'uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul parte dalla casa di Erdogan. Sua figlia si schiera al fianco delle donne.

La figlia maggiore del presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, si schiera contro la violenza sulle donne nel proprio Paese. Lo ha reso noto in un comunicato la stessa donna, Sumeyye Erdogan Bayraktar, che ha ribadito l’importanza della Convenzione di Istanbulcontro ogni tipo di violenza” sulle donne.

La Convenzione di Istanbul

È nota con il nome di Convenzione di Instanbul la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Il documento ritiene alla stregua di violenti tutti quei comportamenti lesivi dell’integrità della donna, sia essa fisica o psicologica: lo stupro, l’aggressione sessuale, la violenza domestica, quella “basata sull’onore“, le mutilazioni genitali femminili. La carta, sottoscritta dai Paesi europei, obbliga gli Stati ad adottare le misure necessarie per proteggere la vittima. Dopo la Polonia, ora anche la Turchia ha messo in dubbio la Convenzione.

La figlia di Erdogan per le donne in Turchia

Con un comunicato ufficile, Sumeyye Erdogan Bayraktar ha criticato la proposta dell’Akp, il partito del padre, di non aderire al documento. Per la leader dell’associazione Kadem, si tratterebbe di una affronto fatto in “malafede“. Il partito di Erdogan, infatti, sostiene che la convezione mini la famiglia tradizionale, favorendo al contrario le unioni omosessuali. “Affermare che questa Convenzione legittimi e favorisca orientamenti omosessuali, rivela malafede” è stato il suo commento. La decisione della figlia del presidente non è casuale. In Turchia i casi di femminicidio stanno aumentando a un ritmo vorticoso. Se nel 2017 i casi erano 394, nel 2018 403. La piattaforma che raggruppa i casi noti ha riportato un’escalation drammatica nel 2019 con 417 casi di femminicidio.

Mentre nel Paese si leva alta la voce di chi protesta, questa può anche giungere dalla stessa casa del presidente. In maniera inaspettata, forse, ma legittima.