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Massacro in Nigeria per mano delle forze dell’ordine, centinaia di persone uccise mentre protestavano pacificamente nella capitale Lagos. Lo scorso 20 ottobre 2020 i morti e feriti non si contavano, la stima è di 60 secondo le testimonianze locali.
Massacro in Nigeria
Una ragazza italo-nigeriana che a Lagos ha degli amici coinvolti nelle proteste, ha testimoniato a Fanpage.it la brutalità della Polizia. “Le telecamere sono state disattivate e i cadaveri rimossi da terra, in modo da eliminare tutte le prove”, ha detto la giovane. Le manifestazioni si sono tenute anche in altre città del Paese, tra le quali Abuja, e i disordini continuano ad aumentare, fuori controllo. Il Governo ha imposto un coprifuoco ma questo non ferma i partecipanti, qualcuno ha dato fuoco alla sede dell’emittente televisiva Tvc, di proprietà del politico Bola Tinubu, legato al partito di governo.
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Protesta contro la SARS
Le proteste mirano alla ribellione contro un’unità di Polizia che da anni compie torture, stupri, omicidi, minacce ed estorsioni ai danni di donne, uomini e bambini. La SARS (Special Anti-Robbery Squad), nata nel ’92, ha poi cambiato nome in SWAT agli inizi di ottobre 2020, quando il Governo ha dichiarato di averla riformata eliminando i membri violenti e corrotti. I crimini compiuti dall’unità sono comunque rimasti tali, così i cittadini hanno deciso di alimentare le manifestazioni e farsi sentire in maniera più decisa.
The waving of Nigerian flag didn’t even stop them, they still went ahead and shot peaceful protesters at Lekki toll gate #LekkiMassacre #LekkiGenocide
— Adedoyin (@msadedoyin_) October 21, 2020
Un massacro di innocenti
Il 20 ottobre 2020 erano in centinaia a protestare, bloccando il passaggio sull’arteria principale di Lagos, all’ingresso di Lekki. La Polizia ha disattivato le telecamere stradali, i lampioni e tutte le luci che illuminavano l’area, così che alla sera i manifestanti si trovassero al buio. Gli spari dell’unità hanno illuminato la notte, uccidendo chi si trovava a tiro, testimoni i numerosi video realizzati da chi era presente e diffusi sui social network. Molti di questi sono stati cancellati dal Governo e non sono più reperibili, ma l’hashtag #lekkimassacre è diventato virale come #endsars.