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Covid: crescono casi "sospetti" in Corea del Nord

Kim Jong Un

La Corea del Nord registra un incremento nel numero di casi "sospetti" di Covid.

Era uno dei pochi paesi nel mondo a segnare zero casi di Covid, ma di recente sono emersi indizi che mettono in discussione la narrazione fornita da Pyongyang, capitale della Corea del Nord.

Il Covid in Corea del Nord

Kim Jong Un ha più volte ripetuto che non ci sono casi di Covid, ma il numero di coloro che sono stati testati e messi in quarantena è aumentato a dismisura intorno alla data del 10 ottobre.

Nonostante al momento non ci siano casi certi, il numero di nordcoreani sottoposti a test, messo in quarantena e “sospettato” di aver contratto il virus è incrementato notevolmente. A dimostrarlo sono i dati pubblicati dall’Oms: al 22 ottobre, la Corea del Nord avrebbe registrato 5.368 casisospetti” di Covid “in seguito a una sorveglianza intensificata”.

I provvedimenti del governo

Il governo nordcoreano continua insistentemente a mettere in guarda i lavoratori sul virus. Gli stessi operai vengono istruiti sulla sanificazione degli ambienti, e la produzione di mascherine all’interno delle fabbriche è aumentata a dismisura, di circa il 120%.

La fobia del “demone cinese”

All’inizio della pandemia Pyongyang era talmente spaventata dalla possibile diffusione del Covid nel Paese dalla Cina che avrebbe piazzato una serie di mine lungo il confine cinese: l’obiettivo era impedire a cittadini cinesi contagiati di varcare la frontiera con la Corea del Nord in modo da bloccare sul nascere la diffusione del virus.

Questa fobia era incrementata dall’incapacità della Corea del Nord di gestire un’emergenza così complessa senza avere i mezzi necessari: infatti, i funzionari nordcoreani prevedevano che sarebbero potute morire fino a 500mila persone nel caso in cui il virus si fosse espanso in tutta la nazione.