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Covid Usa, in 50 milioni in viaggio per il Giorno del ringraziamento

Covid Giorno del ringraziamento

Oltre 50 milioni di persone si muoveranno negli Stati Uniti per il Giorno del ringraziamento. Il covid intanto dilaga nel Paese.

La pandemia da covid-19 non sembra frenare la voglia di festeggiare il Giorno del ringraziamento negli Usa. L’evento, in programma il prossimo 26 novembre, è da sempre una delle ricorrenze più importanti per gli statunitensi, ma quest’anno la speranza era che molti di loro declinassero la possibilità di spostarsi all’interno del Paese per via dell’emergenza. Così non sarà, almeno stando a quanto riportato da diversi media americani che stimano che circa 50 milioni di persone si stiano muovendo per riunirsi con le famiglie o approfittarne per fare una gita fuori porta. Una situazione senza dubbio evitabile, contro la quale si schierano gli esperti medici che sostengono che le mobilitazioni di questi giorni possono comportare un’ulteriore esplosione di contagi.

Usa, il Giorno del ringraziamento ai tempi del covid

A guidare la flotta di coloro che invitano i cittadini americani ad un maggiore rigore è il virologo Anthony Fauci che, riferendosi anche ai dati della Johns Hopkins University che stimato 3 milioni di americani infettati dall’inizio del mese, ha detto: “I viaggi dovuti al Thanksgiving day provocheranno una nuova ondata di infezioni che si manifesterà un paio di settimane dopo e minaccerà anche le vacanze di Natale”.

Della stessa opinione anche il dottor Jon LaPook, corrispondente medico della CBS News: “Sono molto preoccupato per il numero di persone che viaggiano. Ci sono tutti gli ingredienti per un disastro“. È lo stesso a denunciare quando stia avvenendo in diverse aree degli Stati Uniti dove i centri per i tamponi sono presi d’assalto da coloro che intendono mettersi in viaggio. “Si tratta di un grande equivoco -ha detto LaPook – C’è un periodo di incubazione da due a 14 giorni, quindi se vengo infettato oggi potrei non diventare contagioso per un periodo che va da due a 14 giorni”.

Il tutto, come accennato, avviene in uno scenario molto complicato per il Paese. Un esempio è la Pennsylvania dove è stimato che i posti in terapia intensiva finiranno entro una settimana o il Wisconsin dove più di 3mila operatori sanitari hanno comunicato in una lettera che a breve saranno costretti a decidere chi curare e chi no.