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Londra: negata l'estradizione di Julian Assange

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Julian Assange rimane a Londra. Il giudice Baraitser ha negato l'estradizione negli Usa. Incredulità e felicità da parte dei suoi sostenitori. Negli States rischia fino a 175 anni di carcere

Julian Assange rimarrà nel Regno Unito. Questa l’incredibile decisione arrivata a sorpresa dal giudice del Central Criminal Court di Londra: c’è il rischio che si suicidi.

Londra: negata l’estradizione di Julian Assange

La giudice Vanessa Baraitser della Central Criminal Court di Londra, ha negato la rischiesta di estradizione posta dagli Stati Uniti: la motivazione sarebbe l’alto rischio di suicidio da parte dell’ex giornalista, oggi 48enne, australiano.

Nonostante durante l’arringa, la giudice avesse sostenuto come Assange, avesse, in qualche modo, violato i limiti della libertà di espressione, quando nel 2010 pubblicò i documenti riservati della Difesa Americana, Baraitser ha dichiarato anche che Assange, in considerazrione dei suoi disturbi mentali dopo il prolungato periodo di reclusione a partire dal 2012, prima di sua iniziativa nell’ambasciata ecuadoriana a Londra e poi a seguito dell’arresto vero e proprio da parte delle autorità inglesi, non sarebbe in grado di reggere allo stress mentale dato dal sistema carcerario statunitense e pertanto sarebbe a rischio di suicidio. Ragion per cui gli è stata negata l’estradizione. Attualmente si trova recluso nel carcere di Belmarsh, ma la sua situazione, dopo questa sentenza si presenta in rapida evoluzione.

Potrebbe infatti essere liberato su cauzione, anche se è più probabile che rimarrà in carcere: gli Usa infatti, hanno 15 giorni di tempo per fare ricorso contro la decisione della giudice. Se il ricorso venisse presentato, allora il caso si sposterebbe all’Alta Corte di Londra e poi alla Corte Suprema. I legali di Assange, nel frattempo hanno già avvertito, che nel caso in cui fosse necessario, non esiteranno a fare ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

La felicità dei suoi sostenitori

Il verdetto, giunto nella mattinata del 4 Dicembre, intorno alle ore 11, ha dato un po’ di speranza ai suoi sostenitori, nonchè alla sua compagna, Stella Moris, con la quale ha avuto due figli: -“Oggi è una vittoria per Julian, certo. È il primo passo per ottenere giustizia. Ma non possiamo festeggiare, almeno fino a quando non finirà questa ingiusta detenzione e non potrà finalmente riunirsi ai suoi figli. E non permetteremo mai che Julian termini la sua vita nelle tenebre delle prigioni americane. Non accetteremo mai che il giornalismo sia un crimine. La libertà di Julian è la libertà di tutti voi. Mi appello al presidente degli Stati Uniti affinché metta fine a questa brutta storia”.

Incredulità invece, è ciò che ha espresso John Rees a capo dell’associazione Dea (Don’t Extradite Assange): -“La giudice ha accettato al 95% le ragioni di processare Assange in America, ma ha poi deciso di opporsi all’estradizione a causa del brutale sistema carcerario degli Stati Uniti”.

I suoi detrattori

Non tutti però considerano Assange meritevole di libertà: per molti dei suoi detrattori è un hacker con strani rapporti con la Russia, il tutto avallato dalle mail pubblicate dal sito di Assange, WikiLeaks, che riportava le email del partito democratico, e che secondo alcuni favorirono l’elezione di Trump nel 2016. Senza considerare poi, che la sua immagine pubblica venne completamente offuscata quando fu accusato di violenza sessuale in Svezia, accusa poi archiviata a settembre 2020.

Cosa rischia Julian Assange negli States

Se Assange venisse estradato, ciò che rischia è, secondo i suoi legali, una condanna a morte: l’accusa è di cospirazione per ottenere illegalmente e pubblicare informazioni classificate, per un totale di 18 capi di accusa, che potrebbero tradursi in 175 anni di carcere.