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Infermiera rinuncia a pensione e torna in corsia: 78enne muore di Covid

infermiera in pensione morta di Covid

Negli Usa un'infermiera in pensione da due giorni è tornata in corsia: per nove mesi ha aiutato i colleghi, fino a quando ha contratto il Covid-19.

Infermiera in pensione torna in corsia per aiutare i colleghi nella lotta al coronavirus: la donna, 78 anni, è morta di Covid.

Due giorni dopo essere andata in pensione, Betty Grier Gallaher, dopo i sacrifici di una vita trascorsa tra le corsie dell’ospedale, ha rinunciato al suo diritto. La 78enne è tornata a lavorare ed è proprio in ospedale che probabilmente l’infermiera statunitense è stata contagiata. La donna è deceduta lo scorso 10 gennaio, il giorno prima del suo 79esimo compleanno. Betty era ricoverata al Coosa Valley Medical Center, in Alabama, la stessa struttura nella quale aveva lavorato come infermiera di pronto soccorso per 53 anni.

Infermiera in pensione morta di Covid

È sempre stata disponibile per i turni di notte al pronto soccorso e le piaceva fare da mentore agli infermieri più giovani. La sua profonda dedizione per il lavoro, la sua esperienza e l’amore sincero verso i più deboli e le persone più fragili hanno spinto Betty Grier Gallaher a tornare in corsia. Dopo oltre 50 anni di lavoro aveva finalmente ottenuto la meritata pensione. Tuttavia, di fronte all’emergenza sanitaria non si è tirata indietro e ha deciso di mettersi al servizio dei pazienti malati. Quando, già lo scorso marzo, negli Usa la pandemia ha cominciato a diffondersi rapidamente e a dismisura, i colleghi hanno cercato di convincere la donna a restare a casa.

L’infermiera, al contrario, ha deciso di proseguire il suo lavoro in corsia, dove è rimasta per i nove mesi successivi. Il 19 dicembre 2020 ha avvertito i primi sintomi riconducibili al Covid-19. Sottoposta a tampone, è risultata positiva. Pochi giorni dopo per lei è stato necessario il ricovero. È in quel momento che ha deciso di andare definitivamente in pensione, non appena fosse guarita dal virus. Così aveva annunciato la donna in un messaggio indirizzato al figlio.

Sfortunatamente però, il virus è stato più forte e la 78enne non è riuscita a salvarsi. “Il giorno in cui è morta quasi tutto il nostro personale di pronto soccorso è andato in quella stanza. Non era il modo in cui volevamo vederla andare via. Era il collante del nostro pronto soccorso, hanno raccontato i colleghi.

La situazione in Italia

La situazione è drammatica anche in Italia. Lo scorso dicembre Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani e medico di famiglia di Roma, ha inviato una lettera al premier, affinché si ponesse adeguata attenzione sul tema. Nel nostro Paese, infatti, sono molti gli infermieri e i medici in pensione tornati in servizio e molti quelli morti a causa del coronavirus.

A dicembre 2020 si contavano 260 medici morti in Italia. Si tratta del “numero più grande in Europa. Una catastrofe a cui rispondere. Abbiamo scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, perché ci preme portare alla sua attenzione l’elevato numero dei medici deceduti in Italia nell’esercizio della professione, quasi due medici al giorno. Ogni giorno. Una cifra esorbitante se rapportata ad altri paesi d’Europa. In Francia 50 (di cui 5 ospedalieri), 22 sanitari in Germania, 36 in Inghilterra , in Spagna 70 (a luglio erano 61, mentre in Italia eravamo già a quota 178)”, aveva commentato la Onotri.

Per il segretario generale del Sindacato medici italiani, “qualcosa non ha funzionato nella prima ondata della pandemia, dove siamo stati colti tutti di sorpresa, e continua a non funzionare oggi, nonostante avremmo dovuto essere più preparati. La conclusione a cui si giunge è che si continua a lavorare non in sicurezza, considerando che abbiamo più vittime tra coloro che svolgono attività ordinaria piuttosto che tra coloro che lavorano nei reparti di malattie infettive. La metà delle vittime è rappresentata dai medici di medicina generale (medici di famiglia, guardie mediche, medici del 118). Quei medici che l’informazione, anche istituzionale, etichetta come nullafacenti, restii rispetto al loro dovere, recalcitranti dinanzi alla loro mission”.

A rendere lo scenario ancora più tragico sono le notizie di medici in pensione da anni, che per amore verso il prossimo e verso il mestiere di una vita, sono tornati in corsia e lì hanno perso la vita a causa del Covid-19. È il caso, per esempio, di Pierantonio Meroni, 83enne ex ginecologo, tornato al lavoro dopo 15 anni di pensione. Era un volontario intervenuto per contribuire alla lotta contro il Covid-19.