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Australia, donna processata per aver avvelenato il figlio con le feci

Ospedale

In Australia, una donna di 39 anni verrà processata per aver avvelenato il figlio di nove anni iniettandogli delle feci nel sangue.

Una donna ha tentato di avvelenare il proprio figlio mentre bambino era ricoverato in ospedale: un simile gesto è stato, probabilmente, commesso per prolungare la permanenza del piccolo presso la struttura sanitaria.

Donna processata per aver avvelenato il figlio con le feci

L’incredibile vicenda si è verificata in Australia e risale al 2014: in quel periodo, un bambino di soli 9 anni si trovava presso il Westmead Children’s Hospital, un ospedale locale situato in provincia di Sidney. Durante la degenza, il piccolo paziente è stato avvelenato dalla madre che gli ha somministrato delle feci nel sangue, presumibilmente per prolungarne il ricovero nel nosocomio.

Nonostante i fatti siano avvenuti nel 2014, il processo contro la donna, 39enne di origine australiana, avrà inizio soltanto nel mese di marzo 2021, a causa di innumerevoli ritardi e svariate perizie che si sono susseguite nel corso degli ultimi sette anni. L’udienza si terrà al Tribunale di Sidney e l’imputata, madre di quattro figli, verrà processata per l’accusa di avvelenamento.

La ricostruzione delle dinamiche degli eventi

Le ricostruzioni condotte dalle forze dell’ordine che si sono occupate del caso hanno permesso di spiegare i motivi che, all’epoca dei fatti, hanno provocato il progressivo e inspiegabile peggioramento del bambino, riscontrato durante la sua permanenza in ospedale. Col trascorrere del tempo, piuttosto che migliorare, il paziente aveva iniziato a manifestare febbre persistente associata a un considerevole stato confusionale e delirante.

Dopo aver condotto le analisi necessarie, i medici hanno scoperto la presenza di organismi tipici della flora intestinale nel sangue del piccolo: l’emocoltura, infatti, era risultata positiva agli Escherichia coli.

I test condotti in ospedale, rafforzati dalle dichiarazioni del bambino e dalla registrazione di alcuni comportamenti sospetti individuati nella madre, hanno condotto gli inquirenti a incriminare la 39enne che rischia fino a cinque anni di carcere, se riconosciuta colpevole del reato.

Dal 2014, la donna nega fermamente ogni tipo di responsabilità o di coinvolgimento nell’avvelenamento del figlio ma, in tribunale, dovrà scontrarsi con le testimonianze di diversi membri del personale medico e infermieristico impiegato presso il Westmead Children’s Hospital.

La posizione del legale della donna e dell’accusa

In relazione ai capi d’accusa mossi contro la 39enne, il legale della donna ha ribadito l’innocenza della sua cliente e ha spiegato che la strategia difensiva da presentare in aula riguarderà, principalmente, la tesi della contaminazione accidentale.

Interpellata sul caso, invece, l’accusa ha sottolineato la volontarietà del gesto commesso dalla donna. A questo proposito, è stato riferito che alcuni medici e infermieri della struttura sanitaria hanno sentito il piccolo ribellarsi alla madre. Il bambino, infatti, avrebbe più volte urlato frasi come: «Perché mi stai facendo ammalare? Perché mi stai avvelenando?».