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Un'impresa su cinque è tornata su livelli pre-Covid

visco doc

Solo il 3 per cento delle aziende ritiene di non poter più tornare a livelli di fatturato pari a quelli precedenti la diffusione del Covid-19

Nel secondo trimestre del 2020 la quota di imprese che ha segnalato un peggioramento della situazione economica generale rispetto al trimestre precedente è aumentata, quasi al 90 per cento in tutte le aree geografiche (era all’82 per cento nella media nazionale nella scorsa indagine). È quanto emerge dall’indagine sulle aspettative di inflazione e crescita della Banca d’Italia. Le aziende attribuiscono una probabilità nulla al miglioramento della situazione economica generale nei prossimi tre mesi nel 38 per cento dei casi, una percentuale ancora elevata, ma più bassa dello scorso trimestre (quando era al 70 per cento, un valore sui massimi storici). Il saldo fra le attese di miglioramento e quelle di peggioramento delle proprie condizioni operative nel breve termine è rimasto fortemente negativo, pur attenuandosi (a -34 punti da -57).

I giudizi sull’andamento della domanda totale negli ultimi tre mesi sono peggiorati. Il saldo fra le valutazioni di aumento e quelle di diminuzione è sceso a -60 per cento (da -33); è risultato più contenuto in termini assoluti fra le imprese di più grandi dimensioni (- 40). Il deterioramento è stato più accentuato per la domanda estera dove il saldo si è ridotto di circa 40 punti percentuali, da -21 per cento. L’attività delle imprese ha risentito delle chiusure disposte in conseguenza dell’epidemia. Secondo le risposte fornite nell’indagine, nell’industria in senso stretto e nei servizi circa il 75 per cento delle aziende ha continuato a operare (apertura per decreto 43 per cento, in deroga 19 per cento o in telelavoro 13 per cento); tale percentuale scende al 64 per cento nel settore delle costruzioni.

Le attese sull’evoluzione della domanda nel prossimo trimestre sono migliorate rispetto alla precedente rilevazione, benché il loro saldo sia ancora negativo per il complesso dell’industria in senso stretto e dei servizi (-5 punti percentuali, interamente determinato dalle imprese con meno di 200 addetti, a fronte di un saldo positivo delle rimanenti imprese). In media le aziende dei servizi e dell’industria in senso stretto, il cui fatturato si è ridotto rispetto a prima dell’epidemia, si attendono che la propria attività ritorni ai livelli precedenti la crisi sanitaria in circa 10 e 9 mesi, rispettivamente. Poco più di un quinto delle imprese segnala invece livelli di attività già uguali o superiori. Solo il 3 per cento delle aziende ritiene di non poter più tornare a livelli di fatturato pari a quelli precedenti la diffusione del Covid-19. Nelle costruzioni il recupero completo dell’attività è previsto in 8 mesi e circa il 30 per cento delle aziende indica già livelli di attività uguali o superiori a quelli prevalenti prima dell’epidemia.

Gli effetti della pandemia si stanno manifestando principalmente sull’andamento della domanda (sia interna sia estera); preoccupazioni minori suscitano l’approvvigionamento delle materie prime, la disponibilità di forza lavoro e l’incremento dei costi degli input acquistati in Italia o all’estero. Durante i mesi di restrizioni imposte per contenere la diffusione dell’epidemia la maggioranza delle imprese ha fatto ricorso alla modalità di smart-working (nel 72 per cento dei casi), ha utilizzato la Cassa integrazione guadagni (o forme di integrazione salariale simili; 71 per cento). Una quota minore di imprese ha introdotto altre politiche di riduzione temporanea dei costi del lavoro o di riduzione dell’orario di lavoro. I l saldo fra la quota di aziende che intendono incrementare l’occupazione nel prossimo trimestre e quelle che prevedono di ridurla, già negativo, è ulteriormente diminuito nell’industria in senso stretto (a -14 punti percentuali da -9) e nei servizi (-10 da -5) mentre è aumentato, tornando positivo, nel settore delle costruzioni (a 7 da -6).